Uno, nessuno, centomila: tutti i volti di Alberto Sordi
Alberto Sordi? Uno, nessuno, centomila. O forse milioni, come gli italiani che si sono riconosciuti nei personaggi a cui ha prestato volto, corpo e voce. La maschera che tutti riveriscono, l’uomo che, a diciassette anni dalla scomparsa, in pochi possono dire di aver conosciuto a fondo. Romano di Trastevere, cittadino onorario di Kansas City, maschera dell’italiano medio.
Il ritratto che Fabrizio Corallo restituisce con il documentario Siamo tutti Alberto Sordi? che ne celebra il centenario della nascita, aggiunge ulteriori sfumature. In particolare, quelle private, rimaste al riparo dalla curiosità del pubblico dietro le persiane dell’amata villa in cima a via Druso che, dopo la morte della sorella Savina nel 1972, da sede di feste, incontri, proiezioni si trasforma in rifugio intimo. «Mi metteva soggezione questa casa — ammette nel film Carlo Verdone, «figlio d’arte» di Sordi —. Rifletteva l’esatto contrario di come lui appariva in pubblico, espressione del buon umore. Qui dentro si riappropriava della sua vera natura. rigorosa, introversa. Quasi austera».
Una casa leggendaria, piena di memorabilia e opere d’arte («Se non fossi diventato attore — raccontava — avrei potuto fare l’antiquario»), diventata essa stessa museo.
Il documentario, prodotto da Dean Film e Surf Film con Istituto Luce, Sky Arte e La7, andrà il 12 aprile su Sky Arte e il 10 giugno su La7 e sarà presentato in anteprima domani al Teatro Argentina, in una serata introdotta da Walter Veltroni, in qualità di presidente onorario della Fondazione Museo Sordi. Una delle tante voci — come Giovanna Ralli, Gigliola Scola, Renzo Arbore,
Luca Verdone, Marco Risi, Pierfrancesco Favino, Gloria Satta, Francesco Rutelli, Paolo Mieli, Goffredo Fofi — chiamata a ricostruire la vicenda artistica e privata di Albertone. Centottantasette film in sessant’anni di carriera, in cui, spiega Corallo «con registi e sceneggiatori come lui in stato di grazia ha mostrato quello che siamo e che forse avremmo preferito non essere». Una rara sintonia con il suo pubblico fino all’uscita di scena, con le ultime toccanti immagini del 17 dicembre 2002. Era atteso all’ambra Jovinelli per una serata d’onore. Già malato, mandò un video: «Scusate se non posso venire, le mie condizioni non me lo permettono, non ha senso venire lì e non poter fare il saltino che tutti si aspettano. Grazie a tutti. Addio».