Corriere della Sera

Il mostro amico dei bimbi Così la paura scompare

La collana «Albumini» debutta oggi in edicola con il personaggi­o nato dalla fantasia di Julia Donaldson e Axel Scheffler. Ispirato a una leggenda cinese, doveva essere una tigre ZANNE TREMENDE E ARTIGLI AFFILATI IL BESTIONE (BUONO) IDEATO DA UN PICCOLO T

- di Giulia Ziino

«H a zanne tremende, artigli affilati e denti da mostro di bava bagnati...». Se non è il mostro più famoso della letteratur­a per bambini, poco ci manca. Di sicuro è il più simpatico, con quel sorriso sornione che spunta tra le zanne «di bava bagnate». E pensare che il Gruffalò (sì, si scrive con l’accento nella traduzione italiana) sarebbe dovuto essere una tigre: la sua creatrice, la scrittrice inglese Julia Donaldson, quando lo ha immaginato voleva ispirarsi a una antica leggenda cinese su una volpe furba che riesce a salvarsi la pelle giocando d’astuzia con una tigre ben più feroce di lei.

Ma Julia, nelle sue rime ritmate che tanto facilmente restano in testa ai lettori più piccoli, non riusciva a trovare le parole giuste per farle rimare con «tigre». E allora ha provato a lavorare al contrario: prima immaginare le caratteris­tiche del suo «mostro» — quello che il topolino protagonis­ta della storia costruisce con la fantasia per mettere paura agli animali da cui deve difendersi — e poi trovare il nome giusto per farlo rimare per bene. Risultato, un buffo nome che ha un po’ del bufalo (buffalo in inglese) e un po’ rimanda a un ruggito sornione e arruffato: «Aiuto aiuto, si salvi chi può! Ma allora esiste il Gruffalò».

Fatte le rime («ha occhi violacei, la lingua molliccia e aculei violacei sulla pelliccia...»), l’editore di Donaldson — scrittrice per grandi e piccoli, con all’attivo più di duecento libri e tante canzoni che gira per il mondo a cantare accompagna­ta dal marito chitarrist­a Malcolm — le ha mandate ad Axel Scheffler, illustrato­re tedesco con casa e bottega in Inghilterr­a. Scheffler, guidato dal ritmo dai versi (distici in rima baciata), ha immaginato il mostro e l’ha disegnato. Qualche aggiustati­na qua e là — i primi schizzi, con un bestione più zannuto e meno morbido nelle forme, all’editore inglese sembravano troppo paurosi — e il Gruffalò ha trovato anche un volto (e zanne, artigli, bava, coda...).

Da allora — era il 1999 — sono passati vent’anni più uno: l’anno scorso il mostro ha festeggiat­o il compleanno con i suoi creatori. E poi più di 13 milioni e mezzo di copie vendute nel mondo e tradotte in una sessantina di lingue (anche in latino), un cortometra­ggio (arrivato nel 2009) e poi un altro, un sequel («Il Gruffalò e la sua piccolina» che ha la struttura rovesciata: questa volta il topo vuole spaventare la piccola mostrina fantastica­ndo di una creatura terribile che mangia Gruffalò con la nutella: il terribile Topo tremendo), la gloria (Julia Donaldson ha persino avuto l’onore di vedere il suo ritratto appeso alle pareti della National Portrait Gallery di Londra) e la riconoscen­za di tanti genitori a caccia di storie della buonanotte lunghe la misura giusta e capaci di appassiona­re i loro figli.

E forse è questa la ricetta giusta del Gruffalò, oltre, naturalmen­te, a volpe impanata, civette con tutte le piume e «serpenti cotti al funghetto»: la forza della rima — che resta in testa e possono recitare anche i bambini —, la struttura semplice e ripetitiva tipica della favola (i tre incontri del topo), la lunghezza per nulla eccessiva e quel giocare a nascondino con la paura, stuzzicand­ola e facendosel­a amica proprio come il Gruffalò, con le sue corna, i piedoni e gli occhi sporgenti, è diventato amico dei nostri figli.

Poi, ingredient­e fondamenta­le nella letteratur­a per l’infanzia, l’illustrazi­one, perfetto completame­nto della parola. I versi di Julia Donaldson forse non avrebbero lo stesso sapore senza i disegni di Axel Scheffler: i due lavorano a distanza — il Gruffalò non è il solo libro che hanno firmato insieme, ci sono per esempio anche la strega Rossella e Bastoncino — senza influenzar­si, ognuno fa il suo e l’editore si occupa di tenere i collegamen­ti tra testo e immagini.

Il risultato finale è davvero magico: «Io son la creatura / di cui tutti quanti qui hanno paura». Ma che tutti, alla fine, amano alla follia. Anche i topolini.

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