Lotta per la vita il capo di un ospedale di Wuhan
Sono più di 1.800 i morti per il coronavirus in Cina, le statistiche sanitarie li catalogano per luogo di residenza, età, sesso, malattie preesistenti al Covid-19. Pechino dice da settimane che è in corso una guerra per fermare l’epidemia. E in guerra i caduti non hanno quasi mai un nome. Escono dall’elenco solo gli eroi. E ieri il Quotidiano del Popolo ha annunciato che è deceduto il dottor e Liu Zhiming, direttore di un ospedale di Wuhan, ground zero del virus. «Il dottor Liu del Wuchang è il primo direttore sanitario ucciso dal coronavirus. Riposi in pace», ha scritto il giornale del Partito nel suo account web. Poi la notizia è stata ritirata, dall’ospedale hanno precisato che il dirigente «combatteva ancora per la vita». La stessa incertezza che avvolse la fine del dottor Li Wenliang, l’oftalmologo che aveva cercato di dare l’allarme sull’epidemia ed era stato censurato. Difficile dire perché anche sulla sorte di Liu Zhiming si sia alzata la nebbia. Probabilmente è dovuta alla scarsa consuetudine della stampa cinese con la cronaca a getto continuo: l’informazione e i suoi tempi in Cina di solito sono strettamente controllati dalla censura. A Wuhan ci sono almeno 40 ospedali, diventati un calderone di ansia e dolore, difficile evitare errori di comunicazione.
La Commissione sanitaria centrale nei giorni scorsi aveva annunciato che il personale sanitario ha subito 1.716 contagi e 7 morti. Il numero si è alzato a 3.019. Il ministero dei Veterani (di guerra) propone di dichiarare «martiri» i lavoratori della sanità caduti in servizio contro il Covid-19. «Bisogna onorarli e dare alle loro famiglie lo stesso trattamento preferenziale di chi dà la vita in guerra».
A Wuhan sono stati inviati di rinforzo 32.000 uomini e donne da tutti gli ospedali della Cina, 2.600 sono militari.