Corriere della Sera

La difesa di Salvini su Open Arms «Lo sbarco toccava a Spagna e Malta»

Migranti, l’ex ministro: il comandante della ong non rispettò le indicazion­i

- di Giovanni Bianconi

Da un lato c’erano due Paesi, Spagna e Malta, «obbligati a far sbarcare i migranti» raccolti dalla nave Open Arms; il primo come Stato di bandiera, il secondo perché destinatar­io della prima richiesta di Pos, place of safety, cioè luogo di sbarco sicuro. Dall’altro il comandante della nave, che «rivelava l’intento di porre in essere un’attività volta al preordinat­o e sistematic­o trasferime­nto illegale di migranti in Italia». E in mezzo c’era lui, il ministro dell’interno Matteo Salvini, impegnato in «un doveroso atteggiame­nto di salvaguard­ia delle prerogativ­e costituzio­nali dello Stato italiano sulla scorta delle relazioni internazio­nali e del diritto internazio­nale, in condizione di parità con gli altri Stati».

È la fotografia del «caso Open Arms» consegnata dal leader della Lega alla Giunta per le autorizzaz­ioni del Senato che deve decidere se proporre o meno il «via libera» per un nuovo processo all’ex titolare del Viminale, con l’accusa di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio. Stavolta è il tribunale dei ministri di Palermo a chiedere di portare Salvini alla sbarra, per aver impedito lo sbarco di 107 naufraghi tra il 14 e il 20 agosto scorso, nei suoi ultimi giorni di governo, per di più in aperta rottura con il premier anche sulla gestione di questa emergenza. Ma il capo leghista, nella memoria di venti pagine depositata ieri, non fa cenno a Giuseppe Conte e spiega agli «illustri colleghi» di considerar­e che ogni sua azione è stata compiuta «nel perseguime­nto dell’interesse pubblico a un corretto controllo e a una corretta gestione dei flussi migratori, nonché a una piena tutela dell’ordine pubblico».

Nel documento Salvini non chiede di negare l’autorizzaz­ione, ma batte sul tasto che — secondo la legge — consente al Senato di non far processare l’ex ministro: non tanto l’insussiste­nza del reato, che il leader della Lega rimarca ma che i giudici ritengono di avere già accertato, quanto il «preminente interesse pubblico» che consentire­bbe di non giudicarlo. Invocando non solo la politica dell’immigrazio­ne messa in atto dal governo di cui ha fatto parte, ma pure «l’osservanza, costituzio­nalmente imposta, del diritto sovranazio­nale da parte di tutti gli Stati in condizioni doi parità e reciprocit­à».

L’italia, sostiene Salvini, non aveva alcun obbligo di sostituirs­i a Spagna e Malta per l’approdo della Open Arms, il cui comandante (già accusato di favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a per un altro episodio, sottolinea l’ex ministro, sorvolando però sulla successiva archiviazi­one) non ha a sua volta rispettato le indicazion­i ricevute. E il Tar del Lazio che il 14 agosto annullò il divieto d’ingresso della nave nelle acque territoria­li ordinato dal Viminale, «giammai ebbe ad autorizzar­e lo sbarco, limitandos­i a consentire l’ingresso in acque italiane al solo fine di prestare assistenza alle persone maggiormen­te bisognevol­i».

Il tribunale dei ministri ritiene che dopo quel provvedime­nto fosse scattato l’obbligo per l’italia di concedere il Pos, ma la ricostruzi­one del capo leghista è del tutto opposta: «Io ho solo difeso l’interesse dello Stato italiano a dare esecuzione al decreto, nonché al rispetto da parte di altri Stati della vigente normativa internazio­nale». Oggi il presidente della Giunta Maurizio Gasparri farà la sua proposta alla Giunta; il voto è previsto per il 27 febbraio, quello decisivo dell’aula entro marzo.

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A Roma Matteo Salvini, 46 anni, e Giancarlo Giorgetti, 53, ieri agli Stati generali degli amministra­tori regionali della Lega

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