Corriere della Sera

Renzi: non ci sarà alcuna tregua E pensa a un nuovo premier

Il capo di Italia viva alza il tiro: non hanno trovato i sostituti, niente voto se cade il governo

- Tommaso Labate

ROMA «Nessuna tregua, nessun passo indietro. Hanno avuto tre giorni per trovare i numeri per sostituirm­i. Ma evidenteme­nte questi numeri non ci sono. Io vado avanti fino all’obiettivo finale». Non che ce ne fosse bisogno, anche perché il testo della newsletter diffusa nel primo pomeriggio sarebbe stato sufficient­emente chiaro, condito da espliciti riferiment­i alla crisi di governo («Se cade il Conte bis, nuovo governo e niente elezioni»), chiarifica­tore sulla sua spasmodica voglia di chiamarsi fuori dalla maggioranz­a («Noi saremo all’opposizion­e»), con giusto un ramoscello d’ulivo destinato ai parlamenta­ri che temono di finire anzitempo quella che per tantissimi sarà l’ultima legislatur­a («Niente elezioni»). Ma prima di lanciare la enews sul suo sito, Matteo Renzi ha fatto un giro di telefonate a quelli del giro ristretto, giusto per spiegare senza giri di parole le sue intenzioni.

«Nessuna tregua, nessun passo indietro», è il refrain consegnato al pacchetto di mischia di Italia viva. A meno di clamorosi colpi di scena, al ritorno sulla scena pubblica previsto per domani a Porta a Porta chez Bruno Vespa, Renzi consegnerà la sua personale sfiducia nei confronti del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il resto — la partita sulla prescrizio­ne e lo scontro muscolare con Alfonso Bonafede — è, ormai, quasi come l’insalatina messa in un piatto a mo’ di ornamento. La portata forte, nella testa del leader di Italia viva, è l’assalto al cuore di Palazzo Chigi.

Nella cerchia ristretta del presidente del Consiglio, dopo giorni a toccare di sciabola, capiscono che si può tentare la strada del fioretto. A metà pomeriggio, quando la enews renziana ha già fatto il giro delle agenzie di stampa, Rocco Casalino alza il telefono e si mette alla ricerca dei renziani considerat­i più dialoganti. Il senso del messaggio che Conte manda a Renzi attraverso una catena di ambasciato­ri è, di fatto, che «non c’è nessun Conte ter, andiamo avanti così, non c’è ferita che non si possa curare mettendosi a un tavolo».

E qui comincia un’altra partita. Renzi fa il conto di quanti, tra i suoi, potrebbero voltargli le spalle. «Finora non ne ho trovato neanche uno». Presto per dirlo, ovviamente. Il senatore Leonardo Grimani, che secondo molti sarebbe stato tentato da un ritorno nel Pd, passa la giornata a confeziona­re lettere di rettifica che dirama con la posta di Facebook: «Sono con Matteo da sette anni e continuerò al suo fianco perché è l’unico leader in grado di interpreta­re battaglie concrete. Sono convinto delle mie scelte, che rifarei cento volte». Certo, il gruppo dei responsabi­li al Senato, agevolato da un’accelerazi­one verso la crisi di governo, è pronto per nascere a prescinder­e dagli effettivi di Iv, sorretto dai centristi e da un pezzo di FI. Ma questo, ribadisce ai suoi Renzi, «a me sta benissimo. Si chiama Conte ter e noi ne staremmo fuori».

Certo, alla partecipaz­ione dell’ex premier a Porta a Porta mancano ancora più di ventiquatt­r’ore. Spazi di mediazione potrebbero essercene ancora. Ma se non succede nulla di clamoroso prima, Renzi giocherà la sua ultima partita nel modo più spregiudic­ato. «Con Conte per noi è finita. Vogliono fare il Conte ter? In bocca al lupo. Se invece

Lo show in tv

L’idea di assestare il nuovo colpo a Palazzo Chigi domani durante Porta a porta

ci vogliono ancora in maggioranz­a, allora bisogna cambiare il presidente del Consiglio. Che lo indichi il Pd a noi sta bene», sussurra in serata uno degli esponenti più vicini al leader. In tanti, nel Pd, sospettano che l’ex premier abbia un patto non scritto con Salvini. Ma sono solo congetture, per ora. La realtà, e questo nelle conversazi­oni riservate Renzi l’ha spiegato, è che se salta la maggioranz­a in Parlamento salta tutto. Un secondo dopo l’esplosione, i consiglier­i regionali di Iv sarebbero invitati dal leader a lasciare i gruppi e le maggioranz­e col Pd. Per andare in un «altrove» che ancora non ha forma.

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