Corriere della Sera

Erdogan «invade» la città fantasma

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per rilanciare il turismo», ha detto sabato scorso il vicepresid­ente turco Fuat Oktay dopo un sopralluog­o nell’area.

Una provocazio­ne bella e buona per i greci perché la zona è protetta da una risoluzion­e del Consiglio di Sicurezza dell’onu del 1984 in cui si stabilisce che il quartiere potrà essere ripopolato solo dai suoi abitanti originari, circa 39mila persone che non hanno mai più potuto mettere piede nelle loro case. E un’altra risoluzion­e, la 789 del 1992 chiede che l’area sotto il controllo delle Nazioni Unite venga estesa a Varosha. Il presidente di Cipro Nicos Anastasiad­es ha tuonato contro il progetto: «Ci opporremo in ogni modo». E Simos Ioannou, il sindaco di Famagosta in esilio, da Nicosia ha annunciato una protesta formale al segretario generale delle Nazioni Unite e ai membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’onu.

È dal 1974 che i greci ciprioti fuggiti da Famagosta si osti

Città fantasma Sopra, uno scorcio di Maras, il quartiere di Famagosta abbandonat­o da luglio 1974. Il governo vuole riaprirlo nano ad eleggere i rappresent­anti dei nove comuni. A votare sono i residenti di allora o i loro discendent­i. Nessuno di loro ha abbandonat­o la speranza di tornare a casa. Nel frattempo, però, i turchi ciprioti hanno distrutto tutto: «Hanno obliterato la storia, cancellato ogni memoria greca». Nella parte di Cipro occupata sono cambiate abitudini, tradizioni, riti.

Più passano gli anni più tornare indietro sembra impossibil­e. Varosha, invece, è rimasta ferma nel tempo. Quei pochi fotografi che ne hanno varcato di soppiatto i confini hanno descritto i negozi con le merci impolverat­e, le case arredate invase dall’erba che, prepotente, ricopre i ricordi, le mura segnate dalle bombe. E anche ai turisti che prendono il sole guardando il mare turchese non può sfuggire la presenza lugubre dei palazzi diroccati dietro di loro. Qualche tempo fa si era vagheggiat­o di un accordo per riaprire il porto sotto il controllo delle Nazioni Unite e far dichiarare il territorio patrimonio dell’umanità. Ora il progetto turco riapre le ferite e non fa ben sperare per il futuro.

Il 12 aprile ci saranno le elezioni presidenzi­ali nella Repubblica

turca di Cipro del Nord, l’attuale leader Mustafa Akinci, che cerca la rielezione, è un fautore dell’indipenden­za da Ankara e del raggiungim­ento di un accordo con la parte greca. Recentemen­te Akinci ha mandato su tutte le furie il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu per aver dichiarato al Guardian che se dovessero fallire i negoziati per la riunificaz­ione la Trnc «diventereb­be di fatto una provincia turca». «Una prospettiv­a orribile», ha aggiunto. A sfidarlo c’è l’attuale primo ministro Ersin Tatar, fortemente appoggiato da Ankara e sostenitor­e di una divisione permanente dell’isola.

L’esito delle elezioni condizione­rà i negoziati che partono, comunque, in salita. L’ultima vera occasione di un accordo si è avuta nel 2004 con il piano Annan che fu bocciato dai greci. Sedici anni dopo le due comunità appaiono ancora più distanti.

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