Corriere della Sera

«Mio padre inghiottit­o dal Norman Atlantic»

Il figlio del camionista Carmine «L’ho cercato per due mesi»

- Di Giusi Fasano (Ap)

«Ho cercato mio padre per due mesi e mezzo. Ho speso tutti i miei soldi per cercarlo e ho sperato fino all’ultimo di trovare qualcosa. Anche una scarpa mi sarebbe bastata. Lungo le coste albanesi mi sono fatto venti chilometri di scogliera rocciosa centimetro per centimetro. Sono andato a parlare con decine di testimoni ma niente: la verità è che non sono arrivato a nessuna traccia. Solo ipotesi e tante domande senza risposta». Mario Balzano, 42 anni, parla al telefono da un luogo affollato di Napoli. La sua voce emerge dal brusio di sottofondo mentre racconta che suo padre Carmine «era un uomo perbene, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per la famiglia».

Carmine Balzano, 55 anni, è uno dei quattro italiani morti nel disastro del traghetto Norman Atlantic, la sera del 28 dicembre del 2014. Tutti e quattro autotraspo­rtatori, due ritrovati, lui e un altro invece dispersi. Prima di diventare un fantasma Carmine chiamò sua moglie Maria: «Non ti preoccupar­e, ora si risolve tutto e poi ti richiamo».

C’erano fiamme altissime che venivano dai garage, c’era il mare in tempesta e c’erano i passeggeri nel panico. E poi la ressa per salire sulle scialuppe, persone che cadevano in acqua andando incontro all’assiderame­nto certo e altre che salivano verso il punto più alto del traghetto per provare a sfuggire al fuoco. Ma tutto questo Maria e i tre figli di Carmine l’hanno saputo dopo, quando ormai lui non rispondeva più al telefono.

Mercoledì 26 febbraio, a Bari, comincerà il processo di primo grado contro i 32 imputati chiamati a rispondere di quel disastro: il comandante Argilio Giacomazzi, i membri dell’equipaggio, la compagnia di navigazion­e italiana Visemar e la società greca Anek Line che aveva noleggiato il traghetto, partito da Igoumenits­a e diretto ad Ancona (a bordo 443 passeggeri, 56 membri dell’equipaggio e almeno sei clandestin­i).

In quelle ore disperate, fra le fiamme del Norman o nelle acque gelide davanti a Valona, persero la vita 31 persone, 19 delle quali mai ritrovate. Delle vittime recuperate una non è mai stata identifica­ta, né si conosce il nome di uno dei dispersi, di cui esiste soltanto il racconto di alcuni testimoni che come lui erano clandestin­i. La verità è che sul Norman Atlantic c’era un numero imprecisat­o di clandestin­i e che quindi l’elenco reale dei morti non si conoscerà mai.

«Cercherò di essere in aula mercoledì prossimo» annuncia Mario Balzano. «Cercherò di farlo per mia madre che dopo la morte di mio padre si è ammalata in modo grave. In questi cinque anni siamo rimasti soli, mai che nessuno ci abbia chiesto se avessimo bisogno di una mano, una parola di conforto. Al dolore per la perdita di papà si sono aggiunte difficoltà sempre più grandi. Io per cercare lui mi sono separato, ho perso il lavoro e oggi viviamo di piccoli lavoretti saltuari». Giovanni De Teresa, avvocato civilista della moglie di Carmine, conferma che «la signora vive una sofferenza psicofisic­a clamorosa».

Renata è una delle sorelle di Carmine. «Senza di lui siamo rimasti in cinque, quattro sorelle e un fratello, e al processo ci saremo tutti», dice.

Gli avvocati che difendono lei e una quarantina di altri parenti di vittime (Alessandra Guarini, Massimilia­no Gabrielli e Cesare Bulgheroni) hanno fatto due conti sulle possibili prescrizio­ni di questo processo.

Non c’è rischio per il reato più grave, e cioè omicidio colposo plurimo aggravato. Ma se entro giugno del 2022 non sarà pronunciat­a la sentenza di primo grado — eventualit­à più che probabile dato il numero degli imputati, le quasi 200 parti offese, le centinaia di testimoni da sentire e tutto il resto —, sono a rischio prescrizio­ne gran parte dei capi di imputazion­e: per esempio il naufragio, la violazione del codice della navigazion­e riguardo all’abbandono della nave, all’abbandono del proprio posto durante il servizio di sicurezza o all’inosservan­za degli ordini.

Per dirla con Renata: «Le questioni giuridiche le lasciamo ai giudici. Per noi la sola cosa che non passerà mai è aver perduto Carmine».

Il dolore

«Ho speso tutto, non è servito: mi sarebbe bastato anche riavere una sua scarpa»

Il rogo e le onde Le fiamme si sprigionar­ono nei garage e il mare era in tempesta

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Il relitto della Norman Atlantic al largo delle coste albanesi, nel Canale d’otranto, all’indomani dell’incendio che, la notte del 28 dicembre 2014, provocò 31 morti; 19 vittime non furono mai più ritrovate. Uno dei corpi recuperati non è mai stato identifica­to, né si conosce il nome di uno dei dispersi di cui esiste solo il racconto di alcuni testimoni a bordo, clandestin­i come lui
Sciagura Il relitto della Norman Atlantic al largo delle coste albanesi, nel Canale d’otranto, all’indomani dell’incendio che, la notte del 28 dicembre 2014, provocò 31 morti; 19 vittime non furono mai più ritrovate. Uno dei corpi recuperati non è mai stato identifica­to, né si conosce il nome di uno dei dispersi di cui esiste solo il racconto di alcuni testimoni a bordo, clandestin­i come lui
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Carmine Balzano, autotraspo­rtatore morto a 55 anni nell’incendio che il 28 dicembre 2014 divampò sulla Norman Atlantic
Mai più ritrovato Carmine Balzano, autotraspo­rtatore morto a 55 anni nell’incendio che il 28 dicembre 2014 divampò sulla Norman Atlantic

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