Recuperare un’etica forte a tutela della vita
Esce dopodomani il volume a due voci «Un’altra libertà» (Rubbettino) sul futuro della civiltà occidentale Un confronto tra Quagliariello e il cardinale Ruini «La scienza e il progresso non sono valori assoluti»
Anticipiamo un brano del libro «Un’altra libertà. Contro i nuovi profeti del paradiso in terra», edito da Rubbettino, nel quale il cardinale Camillo Ruini e lo storico Gaetano Quagliariello dialogano su vari temi connessi ai valori spirituali, alla concezione dell’uomo e al futuro della nostra civiltà, come il problema dell’ambiente e quello delle migrazioni, ma anche sulla presenza politica dei cattolici in Italia e sulla condizione attuale della Chiesa di Roma.
Camillo Ruini — «Il tema della vita nell’attuale società e cultura è oggetto di atteggiamenti contrastanti. Da una parte la vita è considerata un diritto intangibile e perciò è in corso una grande lotta contro la pena di morte, lotta faticosa ma ricca di successi. È in atto inoltre uno sforzo ingente, medico, scientifico ed economico, per salvaguardare la vita e migliorarne la “qualità”. Dall’altra parte assistiamo a una crescente assuefazione alla liceità dell’aborto, fino al tentativo di farne un vero e proprio diritto. Viene ampiamente praticato l’aborto eugenetico, in conseguenza delle diagnosi prenatali. Gli embrioni umani vengono sacrificati per uso terapeutico e per la riproduzione artificiale. Inoltre il fronte di attacco contro la vita oggi si concentra specialmente sul suo versante finale: l’eutanasia, prima negata a parole ma ammessa nei fatti, è ormai spesso richiesta, terminali, Si fanno rivendicata per per strada gli i “stati disabili anche come vegetativi”, casi diritto gravi, di eutanasia di perfino per libera i malati per scelta. non i bambini nati positivo con gravi verso handicap. la vita, Pertanto pur essendo l’atteggiamento forte e concreto, coesiste con quello negativo e non tende, o comunque non riesce, a frenarlo o limitarlo».
Gaetano Quagliariello — «Non vorrei esasperare il dato pessimistico sulla situazione del nostro tempo, ma a me pare che lo stesso atteggiamento nei confronti del progresso scientifico presenti ampi tratti di contraddittorietà, e le contraddizioni tendono sempre a orientarsi in senso contrario alla vita, alla persona e alla sua integrità. Sul piano antropologico, l’impressione è che lo sviluppo della tecno-scienza non sia inteso come conoscenza e applicazione al servizio dell’uomo, ma come frontiera sempre più avanzata nella pretesa di rimuovere l’imperfezione, fino al punto di superare l’umano e giungere al post-umano. Con conseguenze che rasentano la schizofrenia: la scienza viene infatti deificata in funzione di se stessa, non considerata in quanto attività dell’intelletto umano al servizio della persona e in questo modo finisce per colpire l’uomo come se ne fosse non “soggetto-attore” ma oggetto astratto e passivo fruitore. Procedendo per astrazioni ideologiche la scienza si separa così dalla persona — dallo scienziato che la elabora, dal medico che la applica, dal paziente che ne fruisce... — e rischia di rivolgersi contro di essa. Al fondo, l’idolatria del progresso accompagna l’ideologia del perfettismo che rischia di determinare un regresso spaventoso per l’umanità».
Camillo Ruini — «Proprio in occasione degli “Incontri di Norcia” promossi dalla fondazione Magna Carta, nel 2009, dedicati quell’anno al rapporto tra “scienza e tecnica, divenire dell’uomo e cristianesimo”, evocai una considerazione assai perspicace del filosofo francese Jean-michel Besnier. Egli affermava: “È necessaria una massiccia presa di coscienza da parte della popolazione. Il fascino per le tecniche è il rovescio della medaglia di una disistima di sé e dell’umanità. Non si sopportano più la vecchiaia, la malattia e la morte, e tantomeno la casualità della nascita. Riconciliarci con la nostra finitudine, accettare le nostre debolezze... è il prerequisito per salvare l’umanità. In questo, le odierne filosofie, le spiritualità e le religioni hanno un ruolo da svolgere”. In quello stesso contesto il mio interlocutore nel dibattito, Aldo Schiavone, sottolineò la necessità di un’etica forte per padroneggiare la fase nuova, e ormai iniziata, della grande avventura della famiglia umana nel cosmo. Aveva pienamente ragione. Con l’ulteriore specificazione, che avanzai, che vi fosse bisogno in particolare anche di una bioetica forte, e di un’etica e una bioetica fondate su un’antropologia aperta e dinamica, ma a sua volta forte. È questo uno dei motivi per i quali diventa oggi sempre più necessaria quella collaborazione tra credenti in Cristo e persone comunque sollecite della conservazione e dello sviluppo, nell’attuale contesto storico, di un umanesimo autentico, della