Viaggio nel paese delle farfalle dove niente è come sembra
«Una rivolta silenziosa» di Daniele Grespan (Cairo): segreti e misteri in un villaggio sulle Ande
Una paura sotterranea si impossessa all’improvviso dell’antico villaggio di Jají, sperduto sulle Ande. Il paese è un luogo isolato tra le piantagioni di caffè, dove non è successo mai nulla di sconvolgente, se si eccettua il fatto che proprio lì, una volta all’anno, si riproducono migliaia e migliaia di farfalle di tutti i colori, in un’occasione di festa che assume quasi le caratteristiche di un arcaico rito precolombiano. Un paradiso, insomma, dove tutti si conoscono bene e sono legati da vincoli familiari, visto che gli abitanti appartengono a due sole famiglie (o così dicono), i Montoya e i Rojas.
Ma in questo luogo idilliaco, un giorno, viene malmenato il vecchio e saggio maestro Jacinto, amato da tutti. Con la paura e la rabbia provocate dall’immotivato pestaggio si apre un romanzo curioso e interessante, Una rivolta silenziosa di Daniele Grespan (edito da Cairo). Una storia corale, orchestrata in modo che tutti i paesani salgano a uno a uno alla ribalta del racconto: sembra di perlustrare — a volo di farfalla — tutto il minuscolo abitato di Jají, entrando nelle case e svelando il passato di ciascuno, le sue paure e i suoi sogni.
Intanto, si sussurra che i colpevoli del pestaggio siano certi «stranieri» arrivati da poco, che tutti guardano con sospetto: subito i vecchi capostipiti delle famiglie Montoya e Rojas sollecitano indagini e organizzano spedizioni punitive contro gli estranei; sono sconvolti dal pestaggio ma sono turbati anche da una serie improvvisa di sogni inquietanti («una bocca da cui uscivano parole incomprensibili»), in cui i morti del villaggio tornano a visitare i vivi e sembrano chiedere loro aiuto.
A questo punto, mentre gli anziani del paese cercano di capire che cosa vogliano da loro i morti, anche il lettore si trova impegnato in un’indagine: capire chi sono i famosi «stranieri» di cui tutto il pueblo di Jají parla. Sì, perché ogni volta che uno dei paesani occupa la ribalta del romanzo e ne diventa, per un capitolo, protagonista, ci si accorge che anche lui è in effetti straniero: è il caso del pittore Rubén, arrivato «con i venti delle grandi piogge settembrine», capace di disegnare ogni cosa. Ed è il caso di Gustavo, «prodigioso suonatore di violino» giunto da chissà dove, capace di comunicare con le farfalle e ormai insinuatosi nel paesaggio come una musica.
Anche Don Plutarco, il grande e grosso parroco, viene da lontano: è stato spedito per punizione a Jají dopo che ha schiaffeggiato in città un vescovo avaro e senza carità. E il sindaco, l’alcalde Miguel Ángel Guerrero, pure lui è forestiero, con due amori, la moglie lasciata in città e la giovane sguattera con cui ormai convive.
Ma c’è anche Carmine, il tappezziere italiano, viaggiatore per commercio e per nostalgia. E Jesús Borges, l’unico impiegato della banca, sradicato totale e refrattario a tutto, ma proprio a tutto, a sole e pioggia, al caldo come al freddo. E anche il bellissimo Asdrúbal Matamoros, medico e farmacista, viene dai Caraibi insieme alla collega e moglie pure lei bellissima: due prìncipi forestieri regalmente vestiti in camice bianco. Perfino Carlito, che guida l’autobus, in realtà si chiama Piotr e viene dalla Russia «o un qualche Stato lì vicino».
Mentre Grespan con ironia presenta tutti i paesani-forestieri, lasciando per ultimo un gruppo di giapponesi forse inviato da una multinazionale per distruggere le piantagioni (ma forse no), il lettore si accorge che il passato di ciascun abitante si intreccia con le vicende del presente, che i sogni abitati dai morti hanno lo stesso ardore delle malinconie e degli struggimenti dei vivi: così conosciamo antichi e nuovi amori, patti d’amicizia, tradimenti, orgogli malcelati, vanità e desideri di ognuno.
Il paese diventa a poco a poco un organismo globale, che vive e soffre all’unisono. E in quest’atmosfera felicemente intrisa di realismo magico non stupisce che anche la sottile, arguta rivelazione finale (che non sveliamo, ma in cui nessuno, ma proprio nessuno, sarà straniero) diventi un’epifania corale, cui partecipano tutti i misteri del mondo: natura, vita, morte e farfalle comprese.
L’innesco
Un giorno, in questo luogo idilliaco, viene malmenato il maestro Jacinto, amato da tutti