La denuncia di Ruffalo
Storia vera del legale che trascinò in tribunale un colosso chimico L’attore: «La gente moriva di cancro ma restava dalla parte dell’azienda»
se morire di cancro o fronteggiare la fame per disoccupazione?». Una domanda che potrebbe essere applicata a migliaia di altri casi nel mondo, all’impianto siderurgico di Taranto per esempio. «Tutti noi dovremmo essere in grado di poterci fidare del sistema. Alla base della società in cui viviamo c’è un compromesso. Noi cittadini rinunciamo a parte della nostra libertà individuale in cambio
Abusi di potere Certi abusi di potere si possono fermare solo se l’opinione pubblica ha le informazioni necessarie
di una serie di servizi, fra questi c’è la possibilità di vivere in un ambiente sicuro. Quando questo non succede assistiamo a un fallimento totale del patto sociale in cui abbiamo deciso di vivere».
Il film s’inserisce nel filone che ha portato a successi come A civil action con John Travolta, avvocato difensore di numerosi ammalati di tumori attribuiti a un «inquinamento» dell’acqua potabile; o Insider, con Russell Crowe nei panni dell’uomo che piega le multinazionali del tabacco; o ancora Erin Brockovich, il film con Julia Roberts che racconta un analogo caso d’inquinamento doloso. Un filone molto in voga dagli anni Settanta ai Novanta, meno oggi, epoca in cui gli studios sembrano privilegiare soggetti più popolari. Ruffalo non ha niente contro certe scelte, tanto è vero che dal 2012 a oggi ha interpretato il verde personaggio dei fumetti Hulk in nove film. Nonostante questo ritiene che sia importante che il cinema non perda la sua capacità di denuncia: «Certi abusi di potere e certi illeciti guidati dall’avidità e dalla corsa al profitto possono essere fermati solo se l’opinione pubblica ha le informazioni necessarie».
In seguito alla battaglia condotta dall’avvocato Bilott il colosso chimico Dupont fu condannato al risarcimento di danni per alcuni milioni, poi arrivò ad un accordo, pagando in tutto 670 milioni di dollari a circa 3.500 vittime. Dupont prende le distanze dal film e in un comunicato fa sapere che «Cattive acque rappresenta in modo errato i fatti, come sono avvenuti anni fa e in alcuni casi inventa, al solo scopo di cercare di intrattenere il pubblico». Ruffalo non è d’accordo: «Personalmente ho voluto che l’avvocato Billot fosse con noi sul set, affinché il nostro racconto fosse il più possibile conforme alla sua esperienza diretta».