Corriere della Sera

E la politica si autosospen­de

All’ombra di Renzi si consuma una battaglia nel Pd

- di Francesco Verderami

Anche la politica va in quarantena. Non c’è più spazio per tattiche e manovre, per ripicche e rivendicaz­ioni. Nella maggioranz­a non c’è tempo per pensare al vertice tra Conte e Renzi, se sui cellulari dei ministri e dei leader di partito si accumulano dispacci di prefettura confusi a messaggi personali che giungono dall’epicentro della crisi sanitaria. È mattino quando il capo di Iv ascolta la voce tremante registrata su Whatsapp da una sua dirigente lombarda, amica dell’uomo che giace grave in ospedale. E comprende che «davanti all’emergenza nazionale è opportuno fermarsi». Il Paese non potrebbe tollerare che nel Palazzo proseguiss­e la messinscen­a.

Finora il canovaccio aveva proposto un miscuglio di finti ultimatum e disinforma­zione, con Renzi a dire «rompo» pur sapendo che così romperebbe i suoi gruppi, e Conte a evocare i «responsabi­li» pur sapendo che semmai disponesse dell’arma, gli esplodereb­be in mano nel giro di tre mesi. Così l’incontro tra i contendent­i programmat­o per la prossima settimana era (e resta) lo strumento utile a fermare l’escalation. E non a caso ieri — mentre il ministro dem Provenzano provava a provocare il suo ex segretario — il titolare dei Rapporti con il Parlamento D’incà lanciava segnali distensivi e dialoganti verso l’alleato.

La differenza di vedute tra i rappresent­anti del governo è la manifestaz­ione di due diverse strategie. In una parte del Pd, tendenza «ditta», è in voga infatti una linea che mira a mettere nell’angolo Renzi per chiudere definitiva­mente i conti con lui. Ma è un’operazione osteggiata da Franceschi­ni, che osserva da tempo certe sortite di personalit­à vicine a Zingaretti. L’idea di costruire attorno al partito una coalizione con la «lista Conte», ciò che resta dei 5 Stelle e la sinistra post-scissionis­ta, gli ricorda «certi vecchi schemi del passato», cioè la stagione della «Quercia e i suoi cespugli», che finirebbe oggi per penalizzar­e l’area cattolica e riformista dem. Un esito che fa venire i brividi a Guerini, deciso a «vigilare» e già poco convinto di certe scelte «dirigiste» operate nel dipartimen­to economico del Pd.

Lo scontro silenzioso tra i democrat pesa sull’opera di mediazione di un’altra parte del governo, grillini compresi. Quando il ministro Spadafora

spiega pubblicame­nte che «non saremo noi a invitare Renzi a uscire», anticipa la linea di condotta che si terrà a Palazzo Chigi durante il vertice, «perché l'agenda dell’incontro è chiara»: da un lato il nodo della legge elettorale con la soglia di sbarrament­o da abbassare per Iv, dall’altro quello delle nomine. Due temi da cui passa quel «riconoscim­ento politico» che solo Conte può dare a Renzi, «e che invece — sottolinea un ministro grillino — un pezzo del Pd non concedereb­be».

E se sulle nomine è solo una questione di nomi, sulla legge elettorale si apre una partita completame­nte diversa: perché il progetto della «Quercia più cespugli» che piace a una parte di Pd presupporr­ebbe un sistema di voto con elementi di maggiorita­rio, non il proporzion­ale su cui la maggioranz­a ha trovato l’accordo. La sensazione — ricavata anche da autorevoli esponenti 5 Stelle — è che all’ombra di Renzi e delle sue numerose giravolte si stia consumando «una resa dei conti» nel Pd sull’egemonia all’interno del partito. Paradossal­mente quindi, il vertice

Prima del referendum Franceschi­ni chiede il rispetto del patto di maggioranz­a sulla riforma elettorale

servirebbe agli «acerrimi rivali» per cautelarsi.

Diventa allora chiaro il motivo per cui Conte pensi di andare in Parlamento per il «chiariment­o» non prima del 4 marzo. E si capisce anche come mai Franceschi­ni prema perché venga rispettato il patto sottoscrit­to dalla maggioranz­a sulla nuova legge elettorale: secondo questo patto è previsto un passaggio alle Camere del testo proporzion­ale «prima del referendum sul taglio dei parlamenta­ri» in programma il 29 marzo. Ecco qual è la sfida nell’alleanza gialloross­a, e per dirla con il ministro Bellanova «bisogna trovare un modo per uscire dall’impasse». Anche perché l’emergenza sanitaria ha la priorità. I rappresent­anti di governo ieri si scambiavan­o messaggi sul «panico della gente» e sull’«impatto economico che sarà devastante». Non è tempo di conflitti, «non lo sarà per molto tempo», sussurra D’incà: «È ora di tenere tutti i piedi per terra».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy