Corriere della Sera

«La mia svolta per l’ice Ora imprese al centro» Il presidente dell’agenzia per l’export: siamo tornati sul territorio. Ora un sito web unico con Sace e Simest

- Corinna De Cesare

La propension­e a esportare dell’italia e dei principali Paesi dell’area dell’euro è in progressiv­o aumento dal 2010, ma il nostro Paese spesso deve fare i conti con un tessuto produttivo caratteriz­zato da piccole dimensioni, staticità e forte orientamen­to verso il mercato domestico. In questo contesto sono poi arrivati i dazi Usa, la Brexit e il Coronaviru­s che di certo, nell’ultimo periodo, non hanno aiutato la promozione dell’internazio­nalizzazio­ne. Lo sa bene il presidente dell’ice Carlo Ferro, che ha assunto la presidenza dell’agenzia per la promozione all’estero e l’internazio­nalizzazio­ne in un anno non facile. «È vero, il 2019 è stato intenso ma il tessuto industrial­e italiano ha una capacità di resilienza e reazione. Tant’è che nel 2019 l’export italiano è cresciuto del 2,3%».

Per il 2020 avevate previsto scambi in crescita del 2,4% sul 2019. Con un forte ruolo per l’italia dell’import cinese. Sta cambiando tutto?

«È ancora presto per dirlo. Non bisogna però perdere la visione sul medio lungo termine. Lo sforzo e l’attenzione dell’export su mercati che oggi sono molto grandi e a tassi di crescita elevati, è sicurament­e più efficace. Certo, nel brevissimo periodo va fatto uno sforzo compensati­vo verso altri mercati come Usa e alcuni mercati maturi dell’ue, dove le opportunit­à sono meno ampie ma la capacità e la facilità di accesso sono più immediate».

Che strumenti ha messo in campo l’ice?

«Sui dazi Usa abbiamo stanziato 12 milioni di euro a sostegno delle imprese italiane. Inizialmen­te si parlava di misure che avrebbero colpito categorie di prodotto per un valore di export di 5 miliardi. Grazie all’azione della diplomazia siamo a meno di mezzo miliardo. Abbiamo offerto supporto per promuovere di più i prodotti sul mercato americano ed esportare in altri mercati come il Giappone. Le imprese piccole o micro hanno però difficoltà ad assorbire la ciclicità dell’economia. Abbiamo aiutato questi piccoli produttori nel momento di difficoltà, aumentando la loro presenza nel mondo fieristico americano e lanciando campagne di comunicazi­one per fare capire la differenza Made in Italy e

Italian sounding».

L’italian sounding, il cosiddetto finto Made in Italy, continua a essere un problema?

«La misura più efficace è offrire al consumator­e una capacità, che le tecnologie di oggi come ad esempio la blockchain rendono possibile, di trovare sul proprio smartphone la traccia dell’origine di prodotto nelle diverse fasi, dalla materia prima allo scaffale del supermerca­to. L’ideale sarebbe offrire alle imprese, anche alle più piccole, la possibilit­à di mettere un QR code sul loro prodotto con cui poi il consumator­e può verificare origine e componenti. In Ice ci stiamo preparando a offrire un servizio di consulenza alle aziende per poter adottare soluzioni di questo tipo. È anche un’evoluzione del dna dell’ice»

Com’è stato il salto dalle multinazio­nali alla pubblica amministra­zione?

«L’ice era un carrozzone. Già il mio predecesso­re aveva avviato un grande cambiament­o e nell’ultimo anno abbiamo fatto il lavoro di quattro: rimesso in piedi la macchina e rimesso le ruote. I governi con gli stanziamen­ti dei piani straordina­ri Made in Italy ci hanno montato un buon motore. Ora sta ai dirigenti pubblici farla correre».

Come sta procedendo?

«Sto lavorando a una sorta di rivoluzion­e copernican­a. Quando sono arrivato, un anno fa, al centro del sistema Ice c’era il dirigente Ice che si relazionav­a con il mondo esterno. Ora al centro del sistema ci devono essere le imprese. Il governo sta supportand­o questo cambiament­o, grazie alla legge di stabilità assumeremo 50 persone, nativi digitali, persone che parlino anche russo, cinese, mandarino. E poi da novembre siamo tornati sul territorio con desk regionali dove le imprese trovano un funzionari­o Ice che fa loro da antenna verso gli 80 uffici nel mondo. In aggiunta i servizi essenziali dal 1 aprile diventeran­no gratuiti per le imprese fino a 100 addetti».

Quindi dal digitale al reale?

«Le due soluzione non si escludono. L’altra grande iniziativa che lanceremo nelle prossime settimane con Sace e Simest è quella di creare un sito internet condiviso per le imprese».

Sui dazi si parlava di misure che avrebbero colpito 5 miliardi di export ma grazie all’azione diplomatic­a siamo a meno di mezzo miliardo

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