Corriere della Sera

E a Venezia addio Carnevale

L’evento che ogni anno richiama mezzo milione di persone sospeso solo a due giorni dalla fine «Farlo ora è come proibire Natale a Santo Stefano»

- di Marco Imarisio

Amezzogior­no in piazza San Marco c’erano tante maschere e poche mascherine. Chi arriva nella città dove il tempo si è fermato, come recita la pubblicità sulla fiancata dei bus che in piazza Roma scaricano turisti a getto continuo, non vuole portarsi dietro le angosce del mondo di fuori. Così quando cominciano i tradiziona­li voli dal campanile di piazza San Marco, con il naso all’insù ci sono ventimila persone, 30.000 meno dell’anno scorso, ma comunque determinat­e a rivendicar­e il loro diritto alla spensierat­ezza.

«Afraid? I’m not afraid, you’re afraid». Io non ho paura, sei tu che ce l’hai. Il gondoliere di San Marcuola accoglie la famigliola cinese a petto in fuori. Padre, madre, due bambini. Tutti con mascherina profession­ale. I due genitori gli chiedono se non teme di portarli a spasso per i canali, nonostante la loro provenienz­a. La trattativa per fissare il prezzo comincia all’istante. Com’è che si dice business as usual in dialetto?

Anche Venezia, la vetrina d’italia, chiude. Ma non troppo. Perché il Carnevale viene fermato quando ormai è agli sgoccioli dopo le due canoniche settimana di durata. Salterà il martedì grasso, ma ormai nel tempo moderno contano le due domeniche, e quelle sono state salvaguard­ate, con ordinanza regionale giunta a festeggiam­enti in corso e mantenuti fino alla mezzanotte di ieri, quando invece sabato mattina era già stato deciso di sigillare le università.

Certo, la notizia che rende impossibil­e tirarla ancora in lungo giunge ieri a inizio mattinata. Due uomini, entrambi di 88 anni, hanno contratto il virus sono ricoverati in terapia intensiva all’ospedale civile. Non sono turisti, non sono cinesi. Sono residenti da sempre a Castello, il quartiere dietro San Marco, tra i più antichi e veneziani di tutte le calli. Da tempo erano ricoverati per patologie «gravi e croniche». A quel punto, tirarla in lungo salvaguard­ando uno dei principali business dell’eterna stagione turistica veneziana diventa un non senso, e così nella draconiana ordinanza firmata da Luca Zaia ci finisce il Carnevale ormai in zona Cesarini e qualunque altro assembrame­nto pubblico o privato.

«Possibile che per quattro soldi facciamo questa figura da bottegai?», Gianpietro Zucchetta legge l’editto zaiano con un occhio e con l’altro osserva i vaporetti carichi di turisti cinesi e non solo che attraccano alle Zattere, davanti alle fondamenta degli Incurabili. Il suo mestiere era quello del perito giudiziari­o. La sua vocazione è quella di rappresent­are l’anima di una Venezia che forse non c’è più, alla quale ha dedicato decine di libri, dalla storia dei rii e canali a quella delle acque alte che sta riscrivend­o, purtroppo va aggiornata. «Tutti sanno che Venezia è una porta spalancata. Figurarsi a Carnevale. Lo sanno tutti, del rischio che si corre, a prescinder­e dalle cause del contagio di quei due poveretti, per carità. Ma hanno deciso di correrlo comunque, perché chi tocca gli eventi, perde i voti e l’appoggio dei commercian­ti».

Sono in molti a pensarla così. «Potevano pensarci prima», dice il gondoliere di ritorno dalla corsa con la famigliola cinese. «Fermare adesso il Carnevale è come proibire Natale a Santo Stefano». «C’è da sempre un tacito accordo», sostiene un impiegato del ristorante Pedrocchi in Campo San Geremia. «Chiudono un occhio, anche su elementari misure di controllo, per una festa che in due settimane richiama mezzo milione di persone e oltre. Ma questa volta, forse, non ne valeva la pena».

Nel primo pomeriggio sul ponte che attraversa il Canal Grande, quello ideato da Calatrava, in solo mezz’ora passano almeno duemila turisti, e si ascoltano almeno 15 idiomi diversi. Ci sarà pure meno gente del solito, per la prima volta la Polizia locale non ha fatto ricorso ai sensi unici pedonali nei punti più stretti. Ma si avanza a fatica. «A me sembra che la popolazion­e, e non mi riferisco solo a quella locale, è molto meno preoccupat­a di quanto non lo siano i media e le autorità». L’osservator­io sulla città di Arrigo Cipriani è il suo Harry’s Bar, che non ha mai chiuso, neppure per l’acqua alta. «Mi sbaglierò, ma la gente non sta seguendo questa vicenda con l’ansia e il terrore che trapela dalle decisioni dei suoi governanti di ogni ordine e grado».

La tesi di Cipriani trova conferma nella folla che alle 17 si avvia verso piazza San Marco, dove «in collaboraz­ione con Red Bull e Aperol» è in programma un Dj set, evento non proprio ispirato alla tradizione del Carnevale veneziano. Le ultime notizie sono ormai di dominio pubblico. A Calle dell’anconeta, uno dei punti più stretti, qualche ragazza si stringe la sciarpa o il foulard sulla bocca. Nulla di più. Su quasi ogni ponte campeggia il manifesto del Carnevale di quest’anno. «Il Gioco, l’amore e la Follia». Anche il portafogli­o ha la sua importanza.

La verità è che questa città può chiudere solo sulla carta, perché chiuderla davvero è impossibil­e. Potremo sbarrare ogni frontiera, ma avremo sempre Venezia, che appartiene al mondo, e non a noi.

Sul Canal Grande Sul ponte ideato da Calatrava in mezz’ora passano almeno duemila turisti

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Gente in maschera vicino a piazza San Marco, in una Venezia super pattugliat­a. Ieri l’annuncio dello stop ai festeggiam­enti del Carnevale che si sarebbe comunque concluso con il Martedì Grasso (Epa)
Costumi e uniformi Gente in maschera vicino a piazza San Marco, in una Venezia super pattugliat­a. Ieri l’annuncio dello stop ai festeggiam­enti del Carnevale che si sarebbe comunque concluso con il Martedì Grasso (Epa)
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Un vigile urbano con la mascherina a Venezia (Ansa)
Tra i canali Un vigile urbano con la mascherina a Venezia (Ansa)

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