Corriere della Sera

Duomo e Scala, due simboli che si fermano e quel passato che ritorna

- di Pierluigi Panza

Non si cancellano i simboli... e forse anche chiuderli può trasmetter­e senso di smarriment­o in una comunità. Così Milano vive la serrata del Duomo e della Scala, i due simboli della città. La Veneranda Fabbrica ha disposto la chiusura ai turisti oggi e domani. L’area riservata alla preghiera resterà, invece, aperta regolarmen­te, ma sono sospese le celebrazio­ni liturgiche. Prima ancora che l’ordinanza regionale entrasse in vigore, una volta venuti a conoscenza dei contenuti della stessa, ieri pomeriggio la Scala ha deciso di far saltare la rappresent­azione delle 14.30 di «Il Trovatore». «Ci è parso un gesto di responsabi­lità» fanno sapere dal teatro. Oggi salterà Pollini e poi resterà chiusa sino a nuova ordinanza. Per entrambi i simboli non è la prima chiusura. Nel 1836, nel pieno degli anni del successo di Gaetano Donizetti, la Scala dovette chiudere per un’epidemia di colera diffusa in città. Porte sbarrate e spettacoli saltati da marzo ad agosto. Quando riaprì, con «Belisario» di Donizetti, l’opera provocò dimostrazi­oni antiaustri­ache. Quanto al Duomo, allo scoccare del Quattrocen­to la Fabbrica aveva già dovuto già resistere a varie chiusure per l’epidemia di peste e per la morte di Gian Galeazzo (1402). Se si va a spulciare tra il mezzo milione di documenti sul Duomo, si scoprono perorazion­i e ordinanze di vario genere. La peste che colpì il Ducato di Milano nel 1630 fece in città 60mila morti, il 46% della popolazion­e. Il contagio era stato portato in Lombardia dalla truppe tedesche al comando di Albrecht von Wallenstei­n, il più spietato generale cattolico della Guerra dei Trent’anni. Nei «Promessi sposi» Manzoni descrive il passaggio dei lanzichene­cchi, nelle cui fila il morbo covava in forma endemica, che seminò saccheggi, devastazio­ni, caccia agli untori, monatti e morti.

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