Duomo e Scala, due simboli che si fermano e quel passato che ritorna
Non si cancellano i simboli... e forse anche chiuderli può trasmettere senso di smarrimento in una comunità. Così Milano vive la serrata del Duomo e della Scala, i due simboli della città. La Veneranda Fabbrica ha disposto la chiusura ai turisti oggi e domani. L’area riservata alla preghiera resterà, invece, aperta regolarmente, ma sono sospese le celebrazioni liturgiche. Prima ancora che l’ordinanza regionale entrasse in vigore, una volta venuti a conoscenza dei contenuti della stessa, ieri pomeriggio la Scala ha deciso di far saltare la rappresentazione delle 14.30 di «Il Trovatore». «Ci è parso un gesto di responsabilità» fanno sapere dal teatro. Oggi salterà Pollini e poi resterà chiusa sino a nuova ordinanza. Per entrambi i simboli non è la prima chiusura. Nel 1836, nel pieno degli anni del successo di Gaetano Donizetti, la Scala dovette chiudere per un’epidemia di colera diffusa in città. Porte sbarrate e spettacoli saltati da marzo ad agosto. Quando riaprì, con «Belisario» di Donizetti, l’opera provocò dimostrazioni antiaustriache. Quanto al Duomo, allo scoccare del Quattrocento la Fabbrica aveva già dovuto già resistere a varie chiusure per l’epidemia di peste e per la morte di Gian Galeazzo (1402). Se si va a spulciare tra il mezzo milione di documenti sul Duomo, si scoprono perorazioni e ordinanze di vario genere. La peste che colpì il Ducato di Milano nel 1630 fece in città 60mila morti, il 46% della popolazione. Il contagio era stato portato in Lombardia dalla truppe tedesche al comando di Albrecht von Wallenstein, il più spietato generale cattolico della Guerra dei Trent’anni. Nei «Promessi sposi» Manzoni descrive il passaggio dei lanzichenecchi, nelle cui fila il morbo covava in forma endemica, che seminò saccheggi, devastazioni, caccia agli untori, monatti e morti.