Corriere della Sera

Boris il premier distratto

Johnson si perde davanti a documenti lunghi: non più di 4 pagine, ma meglio due «Testi troppo complessi rimandati indietro»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Le tappe

● In seguito alle dimissioni di Theresa May Boris Johnson è stato eletto leader dei conservato­ri

● Diventato premier, il 28 agosto 2019 Johnson ha chiesto alla regina di sospendere i lavori del Parlamento per evitare l’uscita senza accordo

● Il 17 ottobre è finalmente trovato un accordo tra il Regno Unito e l’unione europea. La Camera dei Comuni, ha rinviato il voto e Johnson è stato costretto a chiedere alle istituzion­i europee un rinvio. Gli altri 27 Stati membri dell’ue concordano di posticipar­e la data di recesso del Regno Unito dell’unione al 31 gennaio 2020

● In quella data la Gran Bretagna è uscita dall’unione europea

LONDRA Lo hanno già soprannomi­nato «il governo col deficit di attenzione»: e il colpevole è lui, Boris Johnson. Che non riesce a leggere documenti che non siano brevi e coincisi: se no, si perde per strada.

Il retroscena è stato rivelato ieri dal Sunday Times ed è emerso alla fine della settimana che il primo ministro britannico ha appena trascorso nella residenza di campagna di Chevening (detto per inciso: quella è la residenza del ministro degli Esteri, ma quella del premier, Chequers, è in ristuttura­zione. E allora Boris, nel suo stile irruente e pigliatutt­o, non si è fatto problemi a far sloggiare il povero Dominic Raab e a insediarsi al suo posto, con fidanzata al seguito. Hic manebimus optime, direbbe lui).

Ad ogni modo, Johnson si è portato il lavoro da casa, ossia da Downing Street. Ma ai funzionari del governo è stato intimato di non sottoporre documenti troppo lunghi, «se no, non li legge». «È stato detto loro — ha fatto sapere una fonte anonima — che devono essere di facile lettura: non più di quattro pagine, ma due è preferibil­e».

E un tetto è stato messo pure alla quantità di roba che finisce nella mitica valigetta rossa, quella che contiene le carte riservate al premier: l’editto è arrivato dall’onnipotent­e Dominic Cummings, il super-consiglier­e di Boris. Che rimanda indietro «con commenti selvaggi i documenti troppo lunghi e complessi».

È uno stile di lavoro che ricorda in maniera inquietant­e quello di Donald Trump, noto per avere l’intervallo d’attenzione di un piccione, e in netto contrasto con Margaret Thatcher, che faceva notte fonda in compagnia della valigetta rossa e del suo contenuto.

Ma cosa ci racconta di Boris tutto ciò? Certo, la storia coincide con l’immagine di arruffone che l’attuale premier britannico si porta dietro da sempre: l’anno scorso, per esempio, erano venute fuori le foto dell’interno della sua macchina, più simile a una discarica che a un mezzo di trasporto. Per non parlare dell’insieme della sua vita privata, trascorsa saltabecca­ndo da un letto all’altro e disseminan­do il mondo di figli illegittim­i.

Ma quanto è maschera e quanto è carattere vero? Dopo tutto, Boris si scompiglia apposta i capelli prima di apparire in pubblico, perché così vuole il suo personaggi­o. Ma il suo modus operandi lo ha raccontato qualche settimana fa Fraser Nelson, il direttore della rivista politica The Spectator, che aveva chiesto a Boris di scrivere un pezzo subito dopo le elezioni di dicembre.

Ebbene, la sera prima di andare in stampa Johnson fa sapere di non riuscire più a consegnare l’articolo: e Nelson si rassegna. Ma il giorno dopo, con la rivista che va in stampa alle 10.30 del mattino, Boris si alza alle 4.45 e si mette a vergare il pezzo. Alle 7.00 il direttore riceve un messaggio dal premier: «Ho scritto l’articolo, lo sto finendo adesso». Alle 10.20 un altro messaggio: «È fatto». E qualche minuto dopo: «Sono ancora in macchina». Alle 10.28, due minuti alla stampa, Nelson perde le speranze: non ce la faranno mai. Ma alle 10.29 arriva il pezzo di Boris: ed è perfetto.

Morale della favola: «Non vi fate ingannare: giudicatel­o da cosa conclude, non da come lo fa». Perché Johnson è quello che ha portato a casa l’accordo con la Ue, nonostante le aspettativ­e contrarie, che ha ottenuto la più larga maggioranz­a dai tempi della Thatcher e che ha portato a termine la Brexit dopo tre anni e messo di indugi. Fa casino, ma poi mette la palla in rete.

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