Katherine, matematica della Nasa Portò l’apollo 11 sulla Luna
Johnson aveva 101 anni. Premiata da Obama, la sua vita fu raccontata in un film
NEW YORK «Un giorno, in uno degli incontri che ebbi con lei per prepararmi al film, Katherine Johnson mi confessò che, da bambina, a scuola, veniva spesso rimproverata da un professore che si diceva stufo del suo fare domande delle quali già conosceva la risposta. Ma io, mi spiegò, lo facevo perché gli altri, intorno a me, quelle risposte non le sapevano e io volevo che capissero quello che avevo capito io».
L’aneddoto, raccontato al Corriere da Taraji Henson, l’attrice che quattro anni fa la interpretò nel film «Hidden Figures» («Il diritto di contare» nella versione italiana) illustra meglio di tante note biografiche il temperamento, la capacità di capire l’umanità e la consapevolezza di una responsabilità sociale accresciuta dalle sue straordinarie doti intellettuali che ha accompagnato per tutta la vita la matematica afroamericana della Nasa scomparsa ieri a 101 anni.
La Johnson, un vero genio che, nata da un’umile famiglia del West Virginia, finì il liceo a quattordici anni e si laureò a diciotto grazie a una capacità di apprendimento, soprattutto in campo matematico, fuori dalla norma, è stata un tassello fondamentale del programma spaziale statunitense dalla fine degli anni Cinquanta fino all’era degli shuttle: ha calcolato le traiettorie di rientro dallo spazio delle capsule Mercury dei primi astronauti americani, Alan Shepard e John Glenn. Poi, negli anni della conquista della Luna, calcolò i parametri per l’allunaggio del Lem, il modulo lunare, e poi quelli del suo riaggancio alla capsula Apollo 11 nel primo sbarco sul satellite della Terra. Era il 1969. Poco dopo la missione Apollo 13 venne interrotta da una drammatica esplosione che tolse all’astronave gran parte dell’elettricità e delle riserve d’ossigeno. Nell’avventuroso rientro narrato da un altro celebre film (con Tom Hanks protagonista), gli astronauti tennero manualmente la capsula lungo la rotta di rientro usando calcoli basati sulla posizione delle stelle predisposti per loro da Katherine.
Il suo ruolo è stato celebrato negli ultimi anni non soltanto per il suo contributo scientifico, ma anche per quello sociale: doti professionali e determinazione ad affermare il suo ruolo sfidando discriminazioni e pregiudizi, le consentirono di uscire dal ghetto dei colored computers, la palazzina isolata della Nasa nelle quale lavoravano negli anni Cinquanta le matematiche afroamericane chiamate «computer viventi».
Così Katherine — e altre donne nere dopo di lei — riuscì a entrare nei team della Nasa responsabili delle missioni spaziali, ricavandosi un ruolo essenziale. Quando Glenn affrontò il primo volo orbitale della storia americana non accettò di partire fino a quando i calcoli delle traiettorie, elaborati da uno dei primi computer Ibm, non furono tutti rifatti manualmente dalla Johnson.
Questa donna straordinaria è rimasta pressoché sconosciuta al pubblico americano fino al 2015 quando il presidente Barack Obama le conferì la medaglia della Libertà, la massima onoreficenza civile Usa. Ma la vera celebrità è arrivata solo con il film, l’anno dopo: un racconto appassionante delle sue gesta scientifiche e del suo impegno tenace e mai gridato contro le discriminazioni. La scena più forte del film (il capo delle
Genio
Finì il liceo a 14 anni e si laureò a 18, ma dovette lottare contro le discriminazioni
missioni spaziali, interpretato da Kevin Kostner, che demolisce a picconate l’insegna che vietava ai neri l’uso dei bagni del centro di controllo costringendo la sua collaboratrice più preziosa a lunghe assenze per andare nelle lontanissime toilette riservate agli afroamericani) è, in realtà, una ricostruzione fantasiosa, ma Katherine ha subito per decenni altre discriminazioni come il divieto — a un certo punto rimosso — di mettere la sua firma su pubblicazioni scientifiche redatte col suo contributo essenziale.
Curioso destino il suo: grande scienziata già settanta anni fa, ma il riconoscimento più importante, quello che l’ha fatta conoscere ovunque è arrivato solo tre anni fa quando, 98enne, ha avuto una standing ovation in mondovisione sul palcoscenico della cerimonia degli Oscar dove era salita insieme alla Henson.