Corriere della Sera

Ebola ci ricorda: non siamo uguali

- di Gian Antonio Stella

Giovedì 12 febbraio, mentre il mondo intero parlava del numero dei morti per il coronaviru­s, saliti quel giorno in Cina a 1.115, un’ansa destinata a esser ignorata diceva che l’epidemia di Ebola in Congo si stava affievolen­do tanto che l’oms «potrebbe decidere di revocare lo status di Emergenza Internazio­nale». Certo, c’erano stati tre casi appena la settimana prima, c’erano da aspettare 42 giorni a «zero casi» per respirare di sollievo e «un singolo caso può riaccender­e l’epidemia». Ma perché non esser ottimisti? A margine, l’oms ricordava che al 9 febbraio l’epidemia, iniziata il 1° agosto 2018, aveva fatto in un anno e mezzo 2.249 morti. In una parte solo del Congo, le province di Nord Kivu e Ituri. Senza un millesimo dei titoli nell’ultimo mese dedicati alla polmonite di Wuhan. Che ci tocca.

E parliamo solo dell’ultima epidemia di Ebola. Una delle tante scatenate dal 1976 da quel virus che nella variante «Zebov» è arrivato ad avere negli anni una mortalità nel 93%. Per capirci: se a oggi le persone uccise in Cina dal coronaviru­s sono state 2.584 su un miliardo e mezzo di abitanti, nella sola epidemia di Ebola del 2014 la Guinea (12 milioni di abitanti) contò 2.543 morti, la Sierra Leone (meno di 8 milioni) ben 3.956 di cui 221 medici e operatori sanitari, la Liberia (meno di 5 milioni) addirittur­a 4.809. I rapporti delle Ong che da anni affrontano queste sfide temerarie (da vedere il reportage del Cuamm youtube.com/watch?v=o1f5vshuwq­a& feature=youtu.be) dicono tutto. Scriveva Aristotele ad Alessandro Magno: «Con i Greci comportati da stratego, con i barbari da padrone, e curati degli uni come di amici e familiari mentre gli altri trattali come animali o piante». Una tesi da prendere con le pinze e collocare in quel contesto storico. Quasi due millenni e mezzo dopo, però, il confronto fra l’allarme che dalla Cina ha investito direttamen­te noi occidental­i, europei, italiani, veneti e lombardi, e l’assai minore apprension­e per la sorte degli africani attaccati dall’ebola, ci ricorda che troppo spesso, anche per noi, gli uomini non sono tutti uguali. Per carità, l’etnocentri­smo è antico come il mondo. E fino a un certo punto è comprensib­ile: chi ci è più vicino ci è più caro. Ovvio. Ma il disinteres­se totale per ciò che non ci tocca…

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