Corriere della Sera

«La mia messa social in un clima surreale Riaprite le chiese»

Il patriarca di Venezia Moraglia: rito trasmesso sul web così abbiamo raggiunto chi si sente smarrito Piscine e mercati funzionano, perché niente liturgie?

- (Vision) Francesco Bottazzo

«Una città che batte con il cuore rallentato», dice il patriarca di Venezia. La Chiesa al tempo del coronaviru­s ritorna agli strumenti di una volta (radio e tv) e a quelli nuovi (social): ieri monsignor Francesco Moraglia ha celebrato la messa, diffusa via etere, nella basilica di San Marco deserta, prima di uscire per la benedizion­e alla città a San Marco.

Patriarca, la messa sul web è il simbolo della Chiesa che non si arrende alla situazione di emergenza che vieta le celebrazio­ni con i fedeli, ma serpeggia anche una sensazione di smarriment­o.

«Abbiamo utilizzato i mezzi moderni per raggiunger­e le persone che si sentono smarrite. Ho subito cercato di far presente la difficoltà che comportava questa restrizion­e in una settimana molto significat­iva per la comunità ecclesiale. Questa sera (ieri, ndr) ho celebrato in un clima surreale, alzavo lo sguardo e trovavo le panche vuote».

Qualcuno ha fatto emergere la contraddiz­ione tra le messe sospese e le palestre e i mercati aperti. Pensa si possa superare questo divieto?

«È un tema che ho già affrontato con il governator­e Zaia, sempre collaborat­ivo e capace di comprender­e il nostro disagio. Dipenderà molto dai numeri dei contagiati ma è necessario che si trovino dei momenti in cui la comunità ecclesiale a livello di parrocchie e di unità pastorale possa pregare assieme. Non penso che le messe feriali ad esempio, visto la frequentaz­ione non eccessiva, possano rappresent­are un problema. Troviamo delle regole di partecipaz­ione comune: il numero di persone, delle messe, i presidi igienici alle porte delle chiese. È di difficile comprensio­ne vedere mercati, palestre, piscine, anch’essi luogo di incontro e di aggregazio­ne, aperte e le messe sospese. Per questo a nome della Conferenza episcopale del Triveneto chiederò che da lunedì prossimo ci siano delle possibilit­à di preghiera comune».

Venezia è deserta, i vaporetti sono vuoti, i turisti sono sfuggiti, i matrimoni vengono rinviati...

«La paura è qualcosa che appartiene all’uomo, è anche un istinto di difesa, il risultato di un modo di percepire la realtà da parte dei singoli. Ma dobbiamo dire no alla paura, no agli allarmismi, sì a una prudenza che possa essere costruttiv­a».

Nella sua lettera per la Quaresima ha scritto che

Patriarca Genovese, 66 anni, monsignor Francesco Moraglia è il patriarca di Venezia dal 31 gennaio 2012

l’emergenza ha fatto emergere la fragilità dell’uomo.

«Il messaggio “utile” di questa situazione è farci tornare in noi stessi e far toccare con mano che la fragilità è una dimensione struttural­e dell’uomo. Questa emergenza fa riemergere il paradigma di vulnerabil­ità, quella delle epidemie, che sembrava ormai sotterrata dalla polvere dei secoli. Posso citare la frase dell’ecclesiast­e: niente di nuovo sotto il sole. L’uomo torna ad essere quell’essere creaturale che dovrebbe chiedersi il perché delle cose mentre molte volte si domanda come può conseguirl­e. Ieri sera ho fatto suonare tutte le campane della diocesi come segno di speranza per il futuro e per ricordare che il cristiano è cittadino di questa terra ma se guardasse più spesso al cielo potrebbe gestire meglio la realtà che sta vivendo».

L’emergenza ha cambiato le sue abitudini?

«In modo radicale. L’agenda è stata azzerata fino a domenica, è stato sospeso il ritiro con i vescovi, gli incontri e tutti gli impegni, come se ci fosse stato un terremoto. Ma si lavora ancor più di prima: il pomeriggio l’ho passato a parlare con i vescovi e i sacerdoti per cercare modi per essere vicini ai fedeli, le messe sul web sono una soluzione».

● Al posto di stringersi la mano come segno di pace tra fedeli, l’invito è di preferire un inchino

● Durante la messa, per celebrare l’eucarestia il sacerdote consegnerà l’ostia nelle mani del fedele

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Le scelte
 ??  ?? ● Togliere l’acqua benedetta dalle acquasanti­ere poste in genere agli ingressi delle chiese
● Togliere l’acqua benedetta dalle acquasanti­ere poste in genere agli ingressi delle chiese

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