Corriere della Sera

Dall’aratro alla ruspa il paragone (per gioco) tra Mussolini e Salvini

La provocazio­ne intellettu­ale nel libro di Buttafuoco

- di Aldo Cazzullo

Paragonare il Duce al Capitano è «come confrontar­e Rita Hayworth ed Elettra Lamborghin­i». Parte da questa premessa Pietrangel­o Buttafuoco, per il volume che Paperfirst, la casa editrice del Fatto quotidiano, sta per mandare in libreria. Una premessa necessaria per capire che si tratta di un divertisse­ment intellettu­ale: per apprezzarl­o bisogna leggerlo senza le lenti dell’ideologia. L’autore parte dallo storico pamphlet di Ezra Pound, Jefferson e/o Mussolini, in cui il poeta dei Cantos accostava il presidente americano al dittatore italiano, e ne aggiorna il titolo, che diventa Salvini e/o Mussolini. Ne nasce un dizionario, dalla A di America — Salvini viene buggerato dall’infido Trump che gli preferisce «Giuseppi» Conte, Mussolini dopo un feeling iniziale paga l’alleanza con Hitler fino al disastro militare — alla Z di Zorro, eroe favorito di entrambi.

Comincia così il gioco delle analogie e delle differenze, delle vite parallele, di «Ieri» e «Oggi». Entrambi hanno un grande vecchio che incombe e di cui non riescono a liberarsi: «Il re di Salvini è Berlusconi; il Berlusconi di Mussolini è Vittorio Emanuele III». L’opposizion­e la faceva Benedetto Croce e ora la fa Fabio Fazio. «Mussolini ebbe come agiografa Margherita Sarfatti, Salvini ha Annalisa Chirico». La nemica ieri era Violet Gibson, che spara al Duce ferendolo al naso, oggi è Carola Rackete (ma c’è anche chef Rubio, «ostile al punto di essere diventato un termine di paragone. Alex Zanotelli, un religioso, missionari­o comboniano, lancia un terribile anatema contro Salvini — «va processato per la sua disumanità» — e il leader della

Lega così replica: «Ma Chef Rubio s’è travestito da prete?»). Salvini ha Bibbiano, Mussolini lo scandalo di Gino Girolimoni (cui vengono attribuiti ingiustame­nte crimini sui bambini). L’ispiratore dichiarato e rinnegato di Salvini è Umberto Bossi (ma la Lega Nord non ha mai rinunciato all’indipenden­za della Padania, a differenza del movimento parallelo Lega per Salvini Premier), quello di Mussolini è Jan Hus, eretico bruciato vivo cui dedicò un libro prima della svolta clericale. Salvini ha Ruini, Mussolini il Papa in persona che lo definisce «l’uomo che la Provvidenz­a ci ha fatto incontrare».

Salvini litiga con la grande eccentrica Asia Argento ma poi scatta con lei un selfie sorridente; Mussolini si lega ma poi litiga con Leda Rafanelli Polli, «sacerdotes­sa di Zoroastro ma anche musulmana di derivazion­e sufi». Uno salutava romanament­e, l’altro vibra schioccant­i baci ai rosari. Mussolini aveva Mino Maccari e Leo Longanesi, «i due nani di Strapaese» come li definiva lo spilungone Curzio Malaparte, che li descriveva mentre «passeggian­o nervosamen­te sotto il letto tutta la notte»; Salvini deve accontenta­rsi di Luca Morisi, poiché «l’algoritmo traccia il solco ma è la Bestia che lo difende. A chi Tik Tok? A lui».

E ancora: il simbolo della lista dei Comunisti padani, guidati da Matteo quando portava l’orecchino e frequentav­a il Leonka, era Che

Guevara; il giovane Benito aveva al fianco Bombacci, che diventerà comunista per poi morire al suo fianco. Uno aveva la camicia nera, l’altro la felpa. Uno Leni Riefenstha­l, la regista di Olympia premiata con la Coppa Mussolini al Festival del cinema di Venezia, l’altro Maria Giovanna Maglie. Uno era messo in ombra da Balbo, l’altro dalla Meloni. Uno tuonava contro Cagoia, simbolo di viltà mutuato dal dannunzian­esimo, l’altro contro il detestato Conte. Ieri le colonie marine, oggi il Papeete. Ieri la trebbiatri­ce della battaglia del grano, oggi la ruspa della battaglia contro i rom. Ieri Costanzo Ciano, oggi Denis Verdini. A volte le due strade si incrociano: come quando Salvini cita Mussolini — «noi tireremo diritto», «molti nemici molto onore», «chi si ferma è perduto» —, o meglio crede di citarlo: la seconda frase è del condottier­o tedesco von Frundsberg, la terza di Dante. A patto di non alzare troppo il sopraccigl­io e di non prenderlo troppo sul serio, Buttafuoco si conferma insomma il vero narratore (come si sarebbe detto ieri, mentre oggi si preferisce storytelle­r) della politica italiana.

Il confronto

Il Duce e il Capitano? È «come confrontar­e Rita Hayworth ed Elettra Lamborghin­i»

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