«Ciao tennis, ti saluto» La divina Maria dice basta (ma l’azienda non chiude)
Sharapova si ferma a 32 anni: «Ora cosa farò senza racchetta?»
E allora, con quel tennis violentissimo fatto di gesti molto più basici che bianchi, guidata dalla lungimiranza che l’ha sempre contraddistinta, Sharapova le sue perle Major è andata a cercarsele altrove: Us Open 2006, Australian Open 2008 e ben due volte il Roland Garros, nel 2012 (contro Sara Errani) e nel 2014, rintracciando chissà dove l’umiltà di pedalare sul rosso, lei che avrebbe chiuso tutti i punti in due scambi, la superficie meno congeniale al muscolo sharapoviano che si è rivelato impossibile, dopo varie operazioni, ricucire.
Maria ha vinto su tutte le superfici: impresa mai banale. Ha corrisposto alle aspettative dei genitori scappati dalla nube di Chernobyl, lenendo con successi straripanti (36 titoli Wta, n.1 del mondo nel 2005) il dolore di mamma Yelena, costretta in Russia dai problemi di visto quando a lei e al papà era già stato offerto riparo all’accademia di Bollettieri,
in Florida. Ha sventolato la coda in faccia a legioni di fan totalmente irretite dalla sua bellezza di donna dell’est inurbata all’ovest, capace di imparare un inglese madrelingua, di vestire con eleganza, di non sfigurare a cospetto delle celebrities.
Non c’è niente di sbagliato nella carriera di Maria Jurevna Sharapova interrotta ieri con un senso di sazietà inseguito per tutta la vita («Come dimenticare lo sport che mi ha fatto piangere e ridere, che mi ha dato una famiglia e fan in tutto il mondo?»), non certo il tentativo di allungarsi la carriera chiedendo aiuto a Riccardo Piatti e fallendo il ritorno in Australia né l’errore madornale del doping al meldonio che l’ha umanizzata riportandola sulla terra mentre la vera marziana, Serena Williams, prendeva il volo verso 23 titoli Slam.
Nessuno è perfetto, nemmeno Maria Sharapova.
● Ha vinto 36 titoli Wta e 5 tornei dello Slam. È stata n. 1 (2005)