Corriere della Sera

A causa di siccità e temperatur­e miti il ciclo riprodutti­vo non si è interrotto: ora vagano nei prati alla ricerca di cibo L’uomo non può fare a meno di loro

- Di Susanna Tamaro

Sempre più spesso mi capita di venir colta da un desiderio che avrei ritenuto impossibil­e fino a qualche anno fa. Contemplan­do i meraviglio­si tramonti di questi giorni — rosso di sera, bel tempo si spera — osservando la luce che, già all’alba, filtra dalle persiane e che annuncia un’altra splendida giornata di sole, non posso far altro che pensare: magari vivessi ancora in città, magari intorno a me ci fosse solo cemento: nessuna pianta, nessun animale, nessun essere sofferente per questa anomalia stagionale.

Invece vivo in campagna, mi alzo la mattina e so che presto vedrò di decine e decine di api perlustrar­e il prato alla disperata ricerca di qualcosa da mangiare. Che cosa fiorisce in febbraio, infatti? Le prime timide veroniche, qualche cespuglio di viburno, nei luoghi più assolati. Poca cosa, per un numero di api così elevate e così affamate. Per loro, febbraio sarebbe ancora un mese di riposo, il mese delle prime timide uscite, nelle ore più calde, magari alla ricerca di un po’ di polline di nocciolo, fondamenta­le per far partire la loro macchina metabolica. Ma quest’anno è successo qualcosa di straordina­rio, le api non sono praticamen­te mai andate a «dormire».

Che cosa vuol dire questo? Che l’interruzio­ne del ciclo riprodutti­vo — che ha inizio in autunno e si protrae per tutto l’inverno — non è avvenuto. Le api infatti, a differenza di altri imenotteri, come vespe e calabroni, le cui colonie muoiono ogni autunno e ogni primavera rinascono, grazie a una regina precedente­mente fecondata, sono in grado di vivere molte stagioni e, per fare questo, hanno messo a punto, nel corso dell’evoluzione, un sistema di sopravvive­nza piuttosto complesso. All’inizio dell’autunno infatti, la maggior parte delle api muore — il ciclo vita di un’ape è mediamente di venti giorni — mentre quelle che nascono a fine estate hanno il privilegio di vivere molto più a lungo. Per quale ragione questo privilegio? La regina — il bene più prezioso dello sciame — è molto longeva, può vivere cinque o sei anni, ma si accoppia una sola volta, dunque deve essere in grado di mantenere attivo al suo interno il patrimonio di ovuli e spermatozo­i — sarà poi questo materiale genetico a permetterl­e di rendere produttima­ginare

● L’interruzio­ne del ciclo riprodutti­vo, che ha inizio in autunno e si protrae per tutto l’inverno, non è avvenuta e l’ape regina ha continuato a deporre uova e a far nascere nuove api popolando le arnie come quando si è in primavera va la stagione seguente — e per poterlo fare, ha bisogno di avere intorno a sé una temperatur­a costante di 37°. Il compito delle api autunnali, quindi, è proprio quello di raccoglier­si intorno alla regina, formando una piccola palla — il glomere — e di tenerla calda, contraendo ritmicamen­te il loro addome. Durante questi mesi, infatti, viene sospesa la deposizion­e delle uova.

Quest’inverno, la collaudata succession­e di eventi non si è messa in funzione per il semplice fatto che non c’è stato l’inverno, e dunque la regina ha continuato a deporre uova e a far nascere nuovi api. Con il risultato che a febbraio, le arnie hanno la stessa popolazion­e che avrebbero dovuto avere nella piena primavera.

Negli ultimi anni, la produzione nazionale di miele è crollata in maniera drastica e purtroppo questo inverno di api stakanovis­te non fa im

La regina

È molto longeva, può vivere fino a 6 anni ma si accoppia una volta soltanto

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● Per le api febbraio è un mese di riposo ma quest’anno, a causa delle temperatur­e elevate, non sono mai andate a «dormire»
La scheda ● Per le api febbraio è un mese di riposo ma quest’anno, a causa delle temperatur­e elevate, non sono mai andate a «dormire»
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L’arrivo di Harry
A Edimburgo L’arrivo di Harry
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