«Niente principe, chiamatemi solo Harry»
Niente titoli, niente arie. «Chiamatemi Harry». Il principe non più principe debutta a Edimburgo, a una convenzione di operatori dell’industria turistica, chiedendo di essere presentato semplicemente con il nome di battesimo. Se con l’intervento ha mostrato l’entusiasmo e l’energia di sempre — è stato lui, dopotutto, assieme ad alcuni giganti del settore, a fondare Travalyst, una coalizione per il turismo sostenibile — è stata l’assenza di «sua altezza reale», suo appellativo dalla nascita, a fare notizia.
Uno sviluppo al quale il duca di Sussex non ha prestato particolare attenzione: «Dobbiamo lavorare insieme — ha detto ai presenti — per migliorare le credenziali verdi del settore». La Scozia, ha sottolineato, può fare da apripista per il Regno Unito e per il resto del mondo.
È un ruolo nuovo, tutto da inventare: Harry così è arrivato a Edimburgo da Londra in treno, proprio come un cittadino normale. Meghan è rimasta a Vancouver assieme al piccolo Archie ma raggiungerà il marito nei prossimi giorni. Il 5 marzo parteciperanno insieme agli Endeavour Fund Awards, i premi per nove militari feriti sul campo che hanno utilizzato lo sport per il recupero.
Sono gli ultimi impegni ufficiali della coppia, il cui ruolo pubblico ufficialmente termina il 31 marzo.
Camicia bianca con il colletto sbottonato, giacca sportiva, niente cravatta, Harry è sembrato rilassato e a proprio agio. Nel frattempo, dietro le quinte, le indiscrezioni sulla coppia che ha deciso di chiamarsi fuori dalla famiglia reale continuano al ritmo di esclusive sui tabloid. Il Daily Mail scrive che Meghan e Harry sono rimasti male di fronte alla decisione della regina di vietare loro di utilizzare il brand Sussex Royal. un mutamento di orizzonte. Nella follia metereologica in cui siamo sprofondati, maggio — il mese principe per l’apicultura — è spesso funestato da incessanti piogge che, oltre che a impedire alle api di uscire, dilavano il poco nettare presente nelle piante. Piogge che arrivano violente ed eccessive dopo mesi e mesi di siccità: troppo tardi per nutrire le piante e troppo violente per trasformarsi in un beneficio.
Oltre al caldo anomalo, difatti, l’altro gravissimo problema è quello della siccità. Senza acqua, le piante non producono nettare; senza acqua, le api non possono refrigerare le arnie durante le torride giornate estive.
Pur essendo consapevole che la Terra, in tutto il suo lungo cammino, ha cambiato in continuazione clima e che le estinzioni, anche di massa, fanno parte della nostra storia evolutiva, non posso non provare una forte inquietudine nel constatare come, in un tempo geologicamente così breve - i trent’anni in cui vivo in campagna - il mondo naturale sia stato sconvolto da mutamenti così rapidi.
Non ho una natura catastrofista, ma l’alterazione dei cicli naturali che ogni giorno constato tra le api e in tutto il mondo che le circonda, mi spinge a sentire la stessa sottile inquietudine che provavo da bambina nel leggere la storia di Giuseppe e delle sue interpretazioni dei sogni del Faraone: le sette vacche grasse divorate dalle sette vacche magre, le sette spighe di grano distrutte dalle sette spighe secche.
E ora vedo davanti a me le sette arnie, traboccanti di vita in pieno inverno. E non posso non considerare questa abbondanza anomala come una fallace immagine di prosperità. Possiamo certo usare lo zucchero al posto del miele, ma davanti all’impollinazione, nonostante l’utilizzo dei minidroni, credo che resteremo impotenti.
Il clima
Il mondo naturale è stato sconvolto da mutamenti davvero molto rapidi