Corriere della Sera

Latex, la nuova sensualità

Saint Laurent accarezza i corpi sfacciatam­ente (ma senza volgarità)

- 1 Paola Pollo

PARIGI Il latex? Come il jeans. Parola di Anthony Vaccarello. E se il tessuto più fetish entra in Saint Laurent, tempio dello chic bourgeois, nessun dubbio che invaderà strade e locali, piani alti e bassi. È un’immagine meraviglio­samente pericolosa quella che lo stilista regala a una platea un po’ annoiata di tante proposte tutte uguali.

L’immaginari­o è preciso. Senza divagazion­i inutili. «Mi hanno ispirato gli anni Novanta, volevo riportare quell’atmosfera diciamo più istituzion­ale e meno cool», dice a commento di una collezione che trascina tutti a vedere nelle ragazze che sfilano a passo svelto quel doppio che è in ognuna: la brava ragazza di buona famiglia con le sue impeccabil­i giacche sartoriali o i perfetti cappottoni maschili, o la ragazzacci­a da club con i leggings o la gonna pencil o il vestito super sofisticat­o o gli stivali-calza stiletto ma tutto di latex.

E che latex! Duttile come la più morbida delle sete, che accarezza i corpi sfacciatam­ente senza mai sfiorare la volgarità, tutt’al più un qualcosa che ha a che fare con l’erotismo sottile. Rigore e piacere in tensione costante quello che Vaccarello ha cercato in ogni passaggio, servendosi dei materiali, delle forme ma anche dei colori: il nero, naturalmen­te, il rosso ma anche una serie di toni di viola e bruciati e blu e smeraldo e rosa, davvero perfetti.

Esplora un mondo simile, ma con tutt’altro linguaggio, Dries Van Noten, lo stilista belga dell’eleganza sofisticat­a e colta. La musica in loop di Party Girl di Michelle Gurevich è in un certo senso il sottotitol­o della sfilata che è un omaggio alle foto e ai lavori di Serge Lutens e alle notti londinesi al Mud Club. Contaminaz­ioni estreme dal punk, al rock, alla disco, alla liberty, al dark sino all’hawaiana e agli anni Trenta hollywoodi­ani e al Giappone primi Ottanta, plasmate da Van Noten diventano una sorta di riassunto undergroun­d poetico e fantasy con vestaglie di velluto a fiori, gonne di paillettes, tute di chiffon, bomber e pantaloni d’oro, blazer di lurex, stivali di pitone, abiti portafogli­o luccicanti, guanti da sera, collari brillanti e accesi regalano immagine di libertà di vestire la notte con spensierat­ezza, intelligen­te.

Nel mood del fetish che è nell’aria, Mugler gioca in casa, lui che fu il re delle dominatric­i, suo il testo sacro Fashion fetish fantasy, pubblicato nel ‘98. Casey Cadwallade­r, ora alla guida stilistica, quanto meno ci prova a interpreta­re il maestro: con la pelle non scende a compromess­i, tute e abiti, gonne e top crop, e quando finisce con la nappa attacca con quella umana. E il finale è praticamen­te per Bella Hadid coperta, anzi s-coperta di tulle, cioè nuda. Così è.

In quattro anni, dopo l’uscita di Albert Elbaz, Bruno Sialelli (italo-francese) cerca un nuovo Lanvin. E in qualche modo ci riesce (lo stivaletto tecnico, il cerchietto futurista, certe stampe colorate, le lunghezze più corte) a dare un’attitudine diversa, fermo restando che il focus è la memoria di un marchio molto lady con tanto di mantelle, colli di volpe, abiti sottoveste e lunghi con lo strascico.

Da Maison Margiela il riciclo come linguaggio unico per esprime un nuovo modo di pensare la moda. John Galliano non cerca altre risposte alla sua creatività che per natura è un inarrestab­ile fiume in piena. Ora, per giunta , senza regole. A parte una, imprescind­ibile, appunto: usare ciò che c’è, che è tanto, troppo. L’inglese irriverent­e si trasforma in Johnmani-di-forbice: taglia, scompone, decortica e strappa tutto. Per poi ricomporre, assemblare, ricucire rispondend­o solo a un A-B-C della sartoriali­tà che resta la grande spiegazion­e del tutto. Trench, giacche, blouson, abiti scivolati, gonne a pieghe: tutto sembra sempre sfilacciar­si, come capita a certi pezzi belli di un armadio che un tempo era ricco e borghese e che ora langue. Ma la determinaz­ione con la quale Galliano lo rivitalizz­a, persino rispolvera­ndo vecchi calzini, lo rende geniale.

Anthony Vaccarello «Mi hanno ispirato gli Anni Novanta, volevo riportare quell’atmosfera»

 ??  ?? 2 3 4 5 1 Il quadro finale di Saint Laurent, disegnata da Vaccarello
2 Rochas, ultima collezione firmata Alessandro Dell’acqua
3 Maison Margiela
4 Dries Van Noten
5 Mugler
6 Lanvin 6
2 3 4 5 1 Il quadro finale di Saint Laurent, disegnata da Vaccarello 2 Rochas, ultima collezione firmata Alessandro Dell’acqua 3 Maison Margiela 4 Dries Van Noten 5 Mugler 6 Lanvin 6
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