Dell’acqua e Rochas «Voglio lasciare così, con un’aria pulita»

Ha salutato, timidamente. Uscendo per pochi secondi. «Adesso voglio tornare a casa». Alessandro Dell’acqua (foto) e la sua ultima collezione per Rochas, dopo sei anni, è un bell’esercizio di gentilezza e rispetto. E semplificazione: silhouette molto pulite, precise. Blocchi di colore. Capi iconici: i tailleur maschili, i cappotti, i blouson, le gonne a pieghe, gli abiti scivolati, le scarpe platform ricamate, pellicce di frange di poliestere. Un riassunto sincero di un lavoro onesto sull’heritage che è fatto di forme, ma sopratutto tessuti. Praticamente niente sera, tutto giorno. «Volevo lasciare così, con un’aria pulita», commenta anche un po’ commosso per quanto sia in un certo senso contento di lasciare.

Solo l’amarezza dell’annuncio dato dalla maison nei mesi scorsi.

«È stato molto strano, mi è dispiaciuto. Avrei preferito dopo, comunque ringrazio lo stesso».

I momenti più intensi?

«È stato bellissimo, specie lavorare le prime stagioni con Panos (Yapapanis, stylist cipriota molto quotato ndr), una persona eccezionale. La prima stagione mi hanno distrutto, è vero. Non è stato facile, abbiamo dovuto lavorare sodo: perché c’è un’azienda e devi saper ascoltare».

Cosa hanno significato sei anni a Parigi, per un italiano?

«Per me molto. Gli archivi ma sopratutto l’esperienza con i materiali. Tessuti couture che non avrei mai potuto permettermi e dunque conoscere. È stato fantastico a livello tecnico e umano. Ma ero un po’ stanco».

Stanco?

«Era diventata routine, non c’era più adrenalina. Preferisco stare a Milano e spingere la nostra città e la nostra moda. Poi, se capiterà, sono aperto ad altre avventure. Ma per il momento, meglio così. È una decisione presa insieme, io pensavo sarebbero stati solo due anni e invece dico addio dopo sei. Ora c’è la mia N°21 e i dieci anni da festeggiare. Tanti progetti e capsule che usciranno durante l’anno. Ognuna dedicata a una mia passione, a cose che amo del mio lavoro».