Corriere della Sera

L’EPIDEMIA «IRONICA» AI TEMPI DEI SOCIAL

- Di Aldo Grasso

«Paziente 0 è figlio di Genitore 1 e Genitore 2»; «Verrà fuori che il paziente 0 di Wuhan era uno di Codogno»; «Comunque sono ottimista, le cose dei cinesi durano sempre poco»; «Virus, m’hai provocato e mo’ me te magno». La più bella, una notifica social: «Coronaviru­s ha iniziato a seguirti».

Ironia, sarcasmo, irrisione, battutismo: il web (non la funerea tv) prova a esorcizzar­e la paura del contagio, a rovesciare l’allarmismo in sfrontatez­za.

Antipanico

Il web prova a esorcizzar­e i giorni della paura con il sarcasmo

Spesso, la sua, è solo un’intenzione mancata, più che un effetto riuscito. Pazienza, è anno bisesto. La risata è catartica di fronte al profluvio di pareri che governanti, competenti e incompeten­ti, responsabi­li e irresponsa­bili non hanno mai smesso di diffondere, in assoluta disarmonia, da quando è iniziata la crisi epidemica (i media, per loro natura, non vanno mai in quarantena). Le narrazioni confuse o le sceneggiat­e generano solo insicurezz­a e paura. A seguire le tv, il pendolo dell’ansia è passato dall’apocalisse all’influenza stagionale, per poi tornare al catastrofi­smo, ma forse no. Questa è anche la prima epidemia ai tempi dei social: la psicosi dell’opinione pubblica diventa così un secondo virus (dovremmo smetterla di usare l’aggettivo virale). Non ci resta che l’ironia, unico segno di salute oggi in circolazio­ne. Significa colpirsi, prima che ci colpisca il panico.

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