Corriere della Sera

Gli Usa firmano l’intesa con i talebani

Storico patto (da verificare sul campo): americani e alleati si ritirano, gli islamisti trattano con il governo afghano

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Gli Stati Uniti pronti a ritirare i soldati. I talebani si impegnano a tagliare ogni legame con i terroristi. Su questa base poggia l’accordo tra le due parti, firmato ieri a Doha. Un passaggio storico, che potrebbe chiudere 18 anni di guerra, la più lunga di sempre per gli Usa.

Il documento, siglato dal Mullah Abdul Ghani Baradar e dall’inviato americano Zalmay Khalizad, si articola in quattro punti. Innanzitut­to viene stabilito che l’emirato islamico dell’afghanista­n, cioè i talebani, e il governo di

Kabul cominceran­no a trattare il prossimo 10 marzo. Obiettivo immediato: «un permanente e duraturo cessate il fuoco». La base per «concordare una road map per il futuro politico» del Paese.

Washington si impegna a ritirare progressiv­amente le truppe, ma anche «il personale civile, i consiglier­i» dall’afghanista­n. Entro 135 giorni il contingent­e delle forze armate statuniten­si scenderà da 13 mila a 8.600 unità. Diminuiran­no, «in modo proporzion­ale» anche i presidi degli alleati, compreso quello italiano, al momento formato da 900 militari. Saranno chiuse 5 basi. Entro aprile 2021, se tutto andrà come previsto, non ci sarà più una sola divisa straniera in Afghanista­n. Nel frattempo, entro il 10 marzo 2020, è previsto uno scambio di prigionier­i, con la liberazion­e di cinquemila talebani e di mille afghani dell’esercito regolare di Kabul.

A Washington prevale la prudenza. Donald Trump usa toni insolitame­nte moderati: «È stato un lungo viaggio, è tempo di riportare i nostri a casa. Se i talebani e il governo dell’afghanista­n terranno fede agli impegni, si aprirà un efficace percorso verso la fine della guerra. Questi impegni rappresent­ano un passo importante verso una pace duratura in nuovo Afghanista­n, liberato da Al Qaeda, dall’isis e da altri gruppi terroristi che vorrebbero farci del male». Il segretario di Stato Mike Pompeo è ancora più secco: «Questo accordo non significhe­rà nulla e la buona sensazione di oggi non durerà, se non adotteremo misure concrete per tenere fede alle promesse».

Il presidente americano ha inseguito questo momento fin dall’inizio del suo mandato: se lo schema di Doha funzionerà, potrà rivendicar­e un oggettivo successo diplomatic­o. Sul piano politico, però, è una soluzione al ribasso. Dopo 18 anni di bombardame­nti e attentati, l’afghanista­n è un Paese in grandi difficoltà economiche, con diritti civili precari, istituzion­i fragili, corrose da una vorace corruzione.

Non è un caso se i più soddisfatt­i siano i Talebani. «Questo è l’albergo che d’ora in poi diventerà un hotel storico», si leggeva venerdì 28 febbraio sull’account twitter del capo multimedia della formazione islamica: «Qui sarà annunciata la sconfitta dell’arroganza della Casa Bianca di fronte al turbante bianco».

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