Gli Usa firmano l’intesa con i talebani
Storico patto (da verificare sul campo): americani e alleati si ritirano, gli islamisti trattano con il governo afghano
WASHINGTON Gli Stati Uniti pronti a ritirare i soldati. I talebani si impegnano a tagliare ogni legame con i terroristi. Su questa base poggia l’accordo tra le due parti, firmato ieri a Doha. Un passaggio storico, che potrebbe chiudere 18 anni di guerra, la più lunga di sempre per gli Usa.
Il documento, siglato dal Mullah Abdul Ghani Baradar e dall’inviato americano Zalmay Khalizad, si articola in quattro punti. Innanzitutto viene stabilito che l’emirato islamico dell’afghanistan, cioè i talebani, e il governo di
Kabul cominceranno a trattare il prossimo 10 marzo. Obiettivo immediato: «un permanente e duraturo cessate il fuoco». La base per «concordare una road map per il futuro politico» del Paese.
Washington si impegna a ritirare progressivamente le truppe, ma anche «il personale civile, i consiglieri» dall’afghanistan. Entro 135 giorni il contingente delle forze armate statunitensi scenderà da 13 mila a 8.600 unità. Diminuiranno, «in modo proporzionale» anche i presidi degli alleati, compreso quello italiano, al momento formato da 900 militari. Saranno chiuse 5 basi. Entro aprile 2021, se tutto andrà come previsto, non ci sarà più una sola divisa straniera in Afghanistan. Nel frattempo, entro il 10 marzo 2020, è previsto uno scambio di prigionieri, con la liberazione di cinquemila talebani e di mille afghani dell’esercito regolare di Kabul.
A Washington prevale la prudenza. Donald Trump usa toni insolitamente moderati: «È stato un lungo viaggio, è tempo di riportare i nostri a casa. Se i talebani e il governo dell’afghanistan terranno fede agli impegni, si aprirà un efficace percorso verso la fine della guerra. Questi impegni rappresentano un passo importante verso una pace duratura in nuovo Afghanistan, liberato da Al Qaeda, dall’isis e da altri gruppi terroristi che vorrebbero farci del male». Il segretario di Stato Mike Pompeo è ancora più secco: «Questo accordo non significherà nulla e la buona sensazione di oggi non durerà, se non adotteremo misure concrete per tenere fede alle promesse».
Il presidente americano ha inseguito questo momento fin dall’inizio del suo mandato: se lo schema di Doha funzionerà, potrà rivendicare un oggettivo successo diplomatico. Sul piano politico, però, è una soluzione al ribasso. Dopo 18 anni di bombardamenti e attentati, l’afghanistan è un Paese in grandi difficoltà economiche, con diritti civili precari, istituzioni fragili, corrose da una vorace corruzione.
Non è un caso se i più soddisfatti siano i Talebani. «Questo è l’albergo che d’ora in poi diventerà un hotel storico», si leggeva venerdì 28 febbraio sull’account twitter del capo multimedia della formazione islamica: «Qui sarà annunciata la sconfitta dell’arroganza della Casa Bianca di fronte al turbante bianco».