Il vertice italo-francese a Napoli Una buona notizia per l’europa
Il 22 gennaio del 1963, a Parigi, nel Palazzo dell’eliseo, il generale De Gaulle e il cancelliere Adenauer firmarono un trattato che impegnava i loro Paesi a una stretta collaborazione politica, economica e culturale. Agli altri membri della Cee (come si chiamava allora l’ue) quel trattato non piacque. Dimostrava che le due maggiori potenze continentali della Europa occidentale consideravano le relazioni bilaterali più importanti di quelle che avrebbero dovuto intrattenere sempre più collegialmente con gli altri firmatari dei Trattati di Roma per il Mercato Comune. Sapevamo che De Gaulle, dopo essere tornato al potere, aveva ereditato i trattati europei di malavoglia; e temevamo che la Francia, da quel momento, sarebbe stata nella squadra europea un cavallo ombroso e scalcagnante. Nella realtà le cose andarono meglio di quanto avessimo temuto. Francia e Germania esercitarono una sorta di leadership, ma capirono che la Cee conferiva a entrambi una maggiore autorevolezza; mentre l’italia si accorse rapidamente che poteva approfittare dei bisticci francotedeschi per recitare la parte dell’onesto sensale. Oggi la situazione, per il futuro dell’europa, dovrebbe essere ancora più promettente. La presenza alla Casa Bianca di un presidente sovranista che non ama né la Nato né l’ue, dovrebbe dimostrarci che questo è il momento per allentare i legami con gli Stati Uniti e costruire un esercito europeo. Il presidente francese ne è convinto e ha fatto proposte interessanti. Ma si sta scontrando con nuovi ostacoli. Il primo è la inquietante mancanza di entusiasmo con cui Angela
Geometrie
È il momento di costruire un esercito europeo e il presidente francese Macron ha bisogno di alleati
Merkel ha accolto le sue proposte. Sembra che la Germania, come in altre occasioni, non voglia fare cose sgradite a Washington e che Angela Merkel consideri i rapporti con i suoi vicini dell’est non meno importanti di quelli che ha con i partner di Bruxelles. Il secondo ostacolo sulla strada di Macron siamo stati noi, almeno sin0 al vertice italo-francese di Napoli negli scorsi giorni. Per molti anni l’italia ha preso atto dell’esistenza di un asse franco-tedesco e si è servita dell’europa e della Commissione di Bruxelles per richiamare le due maggiori potenze del continente al comune impegno europeo. Vi riuscì, in particolare, nel novembre del 1981 quando Emilio Colombo, ministro degli Esteri nel governo di Giovanni Spadolini, firmò con il suo dirimpettaio tedesco, Hansdietrich Genscher, un patto per rilanciare l’integrazione europea: una iniziativa che ebbe ottime ricadute. Più recentemente, durante il governo di Paolo Gentiloni (2016-2018), fummo molto vicini alla conclusione di un trattato italo-francese che sarebbe stato firmato al Quirinale e ci avrebbe permesso di essere più ascoltati a Parigi e, indirettamente, a Berlino. Da allora quella politica è stata trascurata; ma dopo il vertice italo-francese di Napoli quel trattato sembra essere tornato all’ordine del giorno. Se i compagni di viaggio del presidente del Consiglio non gli metteranno i bastoni fra le ruote, questa è una buona notizia.