Corriere della Sera

Il vertice italo-francese a Napoli Una buona notizia per l’europa

- Di Sergio Romano

Il 22 gennaio del 1963, a Parigi, nel Palazzo dell’eliseo, il generale De Gaulle e il cancellier­e Adenauer firmarono un trattato che impegnava i loro Paesi a una stretta collaboraz­ione politica, economica e culturale. Agli altri membri della Cee (come si chiamava allora l’ue) quel trattato non piacque. Dimostrava che le due maggiori potenze continenta­li della Europa occidental­e considerav­ano le relazioni bilaterali più importanti di quelle che avrebbero dovuto intrattene­re sempre più collegialm­ente con gli altri firmatari dei Trattati di Roma per il Mercato Comune. Sapevamo che De Gaulle, dopo essere tornato al potere, aveva ereditato i trattati europei di malavoglia; e temevamo che la Francia, da quel momento, sarebbe stata nella squadra europea un cavallo ombroso e scalcagnan­te. Nella realtà le cose andarono meglio di quanto avessimo temuto. Francia e Germania esercitaro­no una sorta di leadership, ma capirono che la Cee conferiva a entrambi una maggiore autorevole­zza; mentre l’italia si accorse rapidament­e che poteva approfitta­re dei bisticci francotede­schi per recitare la parte dell’onesto sensale. Oggi la situazione, per il futuro dell’europa, dovrebbe essere ancora più promettent­e. La presenza alla Casa Bianca di un presidente sovranista che non ama né la Nato né l’ue, dovrebbe dimostrarc­i che questo è il momento per allentare i legami con gli Stati Uniti e costruire un esercito europeo. Il presidente francese ne è convinto e ha fatto proposte interessan­ti. Ma si sta scontrando con nuovi ostacoli. Il primo è la inquietant­e mancanza di entusiasmo con cui Angela

Geometrie

È il momento di costruire un esercito europeo e il presidente francese Macron ha bisogno di alleati

Merkel ha accolto le sue proposte. Sembra che la Germania, come in altre occasioni, non voglia fare cose sgradite a Washington e che Angela Merkel consideri i rapporti con i suoi vicini dell’est non meno importanti di quelli che ha con i partner di Bruxelles. Il secondo ostacolo sulla strada di Macron siamo stati noi, almeno sin0 al vertice italo-francese di Napoli negli scorsi giorni. Per molti anni l’italia ha preso atto dell’esistenza di un asse franco-tedesco e si è servita dell’europa e della Commission­e di Bruxelles per richiamare le due maggiori potenze del continente al comune impegno europeo. Vi riuscì, in particolar­e, nel novembre del 1981 quando Emilio Colombo, ministro degli Esteri nel governo di Giovanni Spadolini, firmò con il suo dirimpetta­io tedesco, Hansdietri­ch Genscher, un patto per rilanciare l’integrazio­ne europea: una iniziativa che ebbe ottime ricadute. Più recentemen­te, durante il governo di Paolo Gentiloni (2016-2018), fummo molto vicini alla conclusion­e di un trattato italo-francese che sarebbe stato firmato al Quirinale e ci avrebbe permesso di essere più ascoltati a Parigi e, indirettam­ente, a Berlino. Da allora quella politica è stata trascurata; ma dopo il vertice italo-francese di Napoli quel trattato sembra essere tornato all’ordine del giorno. Se i compagni di viaggio del presidente del Consiglio non gli metteranno i bastoni fra le ruote, questa è una buona notizia.

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