Roma, l’arresto di Cecchi Gori È piantonato nell’ospedale
Condanna a 5 anni e mezzo per il crac Safin. Da Banfi a De Sica: «Lasciatelo a casa»
Condannato in via definitiva due giorni fa in Cassazione per il crac da 24 milioni di euro della società di produzione cinematografica Safin, Vittorio Cecchi Gori è stato arrestato ieri. Il provvedimento gli è stato notificato al policlinico Gemelli dove si trovava ricoverato per accertamenti. Doveva essere trasferito a Rebibbia ma si è preferito lasciarlo in ospedale piantonato dai carabinieri. Cecchi Gori, 77 anni, deve scontare una condanna 5 anni e mezzo di reclusione. La possibilità di andare in carcere non è scongiurata ed è legata alle sue condizioni di salute, che verranno rivalutate in questi giorni.
La notizia del suo arresto, circolata in mattinata, ha sollevato un coro di solidarietà tra attori e registi che hanno lavorato con lui. Lino Banfi si è augurato che possa andare ai domiciliari: «Non è solo un fatto di età ma di salute. Andare in carcere può fargli soltanto male. Mi auguro di cuore per amicizia e perché sono più grande di lui che possa stare a casa». Christian De Sica ha definito «folle» l’ipotesi di portarlo in carcere. Giovanni Veronesi ha invitato a tenere in massima considerazione le sue condizioni di salute: «In carcere potrebbe rimanerci»; Marco Risi ha ricordato l’ictus subito dall’imprenditore due anni fa: «Questa cosa rischia di farlo stare veramente male lì dentro». Anche il partito Radicale si è mosso in sua difesa: «Se la pena deve tendere alla rieducazione e la Costituzione è ancora valida, un uomo di 77 anni non può andare in carcere». Nel 2018 l’imprenditore era stato ricoverato per oltre due mesi ancora al policlinico Gemelli in seguito a una ischemia cerebrale. Nella sua carriera ha prodotto mille film, vincendo tre premi Oscar. Cecchi Gori è stato condannato in via definitiva a tre anni e quattro mesi di carcere (e 19 milioni di risarcimento) anche per il fallimento della Fiorentina calcio e in virtù di questa sentenza aveva perso il suo vitalizio da ex parlamentare.
I suoi guai giudiziari risalgono all’inizio degli anni 2000 e la condanna in Cassazione per Safin è l’ultima di una lunga serie di sentenze per lui negative, anche se prevede il riconteggio delle pene accessorie inflitte nell’appello bis del processo.
L’imprenditore era stato condannato in secondo grado nell’ottobre del 2018. I giudici hanno riconosciuto l’impostazione dell’accusa, secondo cui il 77enne aveva continuato a gestire la Safin, dissipandone parte rilevante del patrimonio, fino alla primavera del 2007 benché questa non facesse più parte del gruppo dall’ottobre 2006, quando la capofila Finmavi, cassaforte del gruppo, fu dichiarata fallita. Al centro del meccanismo che, per l’accusa, aveva portato alla distrazione delle risorse in danno dei creditori della Safin «il travaso» di alcuni beni tra società e in particolare delle sale cinematografiche tra cui il cinema «Adriano» di Roma, finito poi a Massimo Ferrero e oggi per la seconda volta messo all’asta in relazione ai guai giudiziari del presidente della Sampdoria.
Agli arresti Cecchi Gori c’è già stato in diversi periodi: nel luglio del 2011 ai domiciliari per bancarotta fraudolenta nell’ambito delle indagini sul fallimento della Finmavi e di altre società del gruppo. Nel 2002 per il fallimento della Fiorentina. Nel 2006, condannato a tre anni, fu salvato dall’indulto. L’ex moglie Rita Rusic gli chiese dopo il divorzio oltre due miliardi di lire. L’altra ex moglie, Valeria Marini, l’aveva portato invece a processo nel 2010 per minacce e lesioni, ma poi ritirò la querela.