Corriere della Sera

Comitato d’affari per l’edilizia, fermati politici e dirigenti

Palermo, ai domiciliar­i anche i capigruppo di Pd e Italia viva. L’imbarazzo del sindaco Orlando

- Felice Cavallaro

Gli arresti

● I capigruppo del Pd al Comune di Palermo, Giovanni Lo Cascio, e di Italia viva, Sandro Terrani, da ieri sono ai domiciliar­i

● Con loro, altri 5 sono finiti ai domiciliar­i, come i burocrati Mario Li Castri e Giuseppe Monteleone

Non è il comitato d’affari di Ciancimino ai tempi del sacco di Palermo, ma sempre di «cricca» si tratta, come la definisce il mafioso pentito Filippo Bisconti che con le sue rivelazion­i fa tremare il Comune di Palermo e gli amici più stretti del sindaco Leoluca Orlando. Perché ancora una volta di colate di cemento e palazzinar­i si parla. Con 350 appartamen­ti da costruire in tre borgate con varianti al Piano regolatore. Varianti bocciate tre mesi fa dal Consiglio comunale. Questo significa che i sette arresti disposti ieri mattina dalla Procura e le indagini di carabinier­i e Guardia di Finanza ruotano attorno a una cricca che sperava di realizzare affari comunque stavolta non maturati.

Le parole del pentito, un imprendito­re edile loquace sui pasticci dell’assessorat­o all’edilizia privata, e le intercetta­zioni dell’inchiesta rovesciano però un’ombra inquietant­e su tanti protagonis­ti del rinnovamen­to e delle «primavere» di Orlando. Compresi un paio di spregiudic­ati burocrati, Mario Li Castri e Giuseppe Monteleone, finiti agli arresti domiciliar­i come i capigruppo del Pd, Giovanni Lo Cascio, e di Italia viva, Sandro Terrani.

Una rete in cui risulta «mainsediar­si scariato», macchiato dalle intercetta­zioni, anche uno dei principali sostenitor­i di Orlando, tante volte suo ex vice sindaco, Emilio Arcuri. Un medico per dieci anni alla guida dell’edilizia privata. Indicato pochi giorni fa come nuovo assessore, pronto ad

Consiglier­i

Da sinistra, il capogruppo del Pd al Comune di Palermo Giovanni Lo Cascio e il capogruppo di Italia viva Sandro Terrani per domani. Ma altrettant­o solerte nel fare un passo indietro e rinunciare alla carica. Una scelta annunciata ieri sera e apprezzata dallo stesso Orlando che con imbarazzo si prepara a presentare domani al museo delle marionette il suo ultimo libro, Il tempo dell’elefante.

Tempi duri per chi in questa area politica si è sempre presentato come simbolo del Bene. Mentre il gip Michele Guarnotta, partendo dalle manovre di Li Castri e Monteleone, sottolinea «l’allarmante spregiudic­atezza che ormai da un decennio pare stabilment­e connotare l’agire amministra­tivo dei pubblici ufficiali». Esplicito il riferiment­o a una «strettissi­ma contiguità fra Li Castri e Arcuri».

Quanto basta perché da Roma inferisca il presidente della commission­e parlamenta­re Antimafia, Nicola Morra, criticando «certi ambienti, apparentem­ente ben distanti dalla mafia militare» che riproporre­bbero antichi metodi: «Sventrare una città con la stessa immoralità con cui Cosa Nostra operava il sacco di Palermo negli anni ’70». Esattament­e il contrario di quanto pensa Orlando rivendican­do la bocciatura dei progetti sotto inchiesta.

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