Corriere della Sera

Lecce, l’omicidio della 33enne Fonte nel ‘84. Le figlie: ha vinto lei

- Michelange­lo Borrillo

«E ra un sabato, quel giorno. E la domenica saremmo dovuti andare al cinema a vedere “The day after”. Ma quel “giorno dopo” dura da 36 anni». Era il 31 marzo del 1984, un sabato. E il cinema era l’augusteo di Nardò, il paese di Renata Fonte, la prima consiglier­e comunale e assessore donna del Partito Repubblica­no Italiano locale. Quella sera Renata uscì dalla seduta del Consiglio comunale ma non fece mai rientro a casa. «Suonarono alla porta — ricorda Sabrina Matrangola, primogenit­a di Renata, che all’epoca aveva 15 anni — pensai che mamma avesse dimenticat­o le chiavi. E invece si presentaro­no un’amica di famiglia e un poliziotto in borghese».

A pochi passi da quel portone tre colpi di pistola avevano posto fine, a soli 33 anni, alla battaglia politica di Renata contro la speculazio­ne edilizia di Porto Selvaggio, sul litorale jonico che si affaccia su Gallipoli. Il Salento non era ancora cool come oggi, ma la sua bellezza naturale faceva immaginare un radioso futuro turistico. E all’epoca lo sviluppo era fatto di cemento. «Quelli — ricorda Sabrina, insegnante di Italiano e Storia al

Il Parco

La sua battaglia ha reso possibile la creazione dell’oasi di Porto Selvaggio

Liceo Scientific­o Sportivo di Lecce e madre di due gemelli, Edoardo e Renata — erano anni di intensissi­me battaglie sociali e politiche. Mamma aveva certamente scoperto qualcosa su oscure speculazio­ni edilizie a Porto Selvaggio. Aveva ricevuto minacce. Ma per amore della sua terra non si sarebbe mai fermata. Solo noi figlie le avremmo potuto chiedere di non insistere. Ma la vedevamo felice di lottare. E non lo chiedemmo mai».

Il marito, Attilio Matrangola, invece, lo aveva fatto. Ma la passione di Renata per il Salento era più forte. Dopo una vita in giro per l’italia — da Como a Catania, passando per Cagliari — al seguito di Attilio, esperto di radar negli aeroporti, per Renata il rientro a casa nel 1980, con il marito trasferito a Brindisi, rappresent­ò un momento di non ritorno. «Da una parte cominciò a insegnare alle Scuole

Vittima Renata Fonte, uccisa a 33 anni il 31 marzo 1984 dopo essere uscita dal comune di Nardò, in provincia di Lecce, dove era consiglier­a eletta con il Pri elementari di Nardò, dall’altra — ricorda Sabrina — mise in pratica gli insegnamen­ti di Pantaleo Ingusci, “zio Lelè”, un antifascis­ta che incarnava gli ideali mazziniani. All’epoca venivano prima le idee, poi il partito. E mamma cominciò a impegnarsi nel locale Pri — diventando­ne segretario cittadino, consiglier­e comunale e assessore a Pubblica istruzione e Cultura — e nelle battaglie sociali con il Comitato per la Tutela di Porto Selvaggio».

Quattro anni prima, in realtà, una tutela al territorio era già arrivata, con l’istituzion­e del Parco Naturale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano. «Ma quel parco — spiega Viviana, la figlia più piccola di Renata — venne definito come “attrezzato”. E dietro quell’aggettivo si poteva nascondere di tutto». Viviana, quel sabato di 36 anni fa, aveva 10 anni ed era a casa della nonna. Da una decina di giorni papà Attilio era stato trasferito per lavoro in Belgio. «Mi dissero — ricorda Viviana, architetto e madre di Sveva

Renè — che mamma aveva avuto un incidente. Solo alcuni giorni dopo scoprii la verità leggendo il titolo di un giornale a casa di amici: assessore assassinat­a».

Quel delitto ebbe una risonanza nazionale: il primo omicidio di un politico donna nel Salento, una giovane madre, insegnante, ambientali­sta. Si pensò subito a un delitto passionale, per l’assenza di Attilio. Poi, però, grazie alle indagini dell’allora commissari­o di Nardò, Rocco Gerardi, vennero in breve tempo individuat­i e condannati nei tre gradi di giudizio l’esecutore materiale dell’omicidio Giuseppe Durante (ergastolo), chi lo aiutò, Marcello My, gli intermedia­ri Mario Cesari e Pantaleo Sequestro, e il mandante di primo livello, Antonio Spagnolo (ergastolo), collega di partito di Renata e primo dei non eletti alle amministra­tive. Che aveva come movente l’ingresso in Consiglio comunale.

«Ma nelle conclusion­i delle sentenze — spiega Sabrina — emerse il possibile coinvolgim­ento di terzi, il cui movente era garantirsi qualcuno che favorisse le progettate speculazio­ni. Per questo ancora oggi

● In basso la primogenit­a Sabrina, prof di Italiano al liceo scientific­o sportivo di Lecce e mamma dei gemelli Edoardo e Renata noi figlie ci chiediamo se i colpevoli di quell’omicidio di 36 anni fa sono solo i cinque condannati».

La battaglia di Renata, però, certamente è stata vinta. È diventata il genius loci di Porto Selvaggio, un luogo da preservare non solo per la bellezza naturalist­ica ma anche per la sua valenza scientific­a, punto in cui l’uomo di Neandertha­l lasciò spazio all’homo Sapiens come dimostrano i reperti custoditi nel Museo della Preistoria di Nardò «che forse non sarebbe nato — come spiega la direttrice Filomena Ranaldo — se fosse andato avanti il modello di lottizzazi­one, anche delle sole aree contigue al Parco, osteggiato da Renata». Il cui ricordo si è trasmesso nel tempo anche grazie all’impegno delle figlie e in particolar­e di Viviana che ha ricoperto ruoli di responsabi­lità nell’associazio­ne Libera di don Luigi Ciotti. Nel 2002 Renata è stata riconosciu­ta vittima della mafia, prima e unica amministra­trice donna uccisa, e le sono stati dedicati un film, «La posta in gioco», e una fiction, «Renata Fonte-una donna contro tutti».

Nel frattempo quel Salento a rischio cementific­azione è diventato meta ambita grazie alla bellezza naturale rimasta intatta e alla riscoperta delle tradizioni, dal muretto a secco alla Taranta. «Che già 40 anni fa — conclude Viviana — mamma voleva valorizzar­e dando vita a un museo delle tradizioni popolari». Non c’è dubbio, Renata aveva visto molto lontano. Più in là della guerra nucleare ipotizzata da quel «The day after» che per lei è rimasto un film mai visto.

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 ??  ?? Dedica Il pannello in legno in ricordo di Renata che svetta su Porto Selvaggio, lungo il litorale leccese
Dedica Il pannello in legno in ricordo di Renata che svetta su Porto Selvaggio, lungo il litorale leccese
 ??  ?? ● In alto Viviana Matrangola, 45 anni, architetto, secondogen­ita di Renata Fonte, e mamma di Sveva Renè
● In alto Viviana Matrangola, 45 anni, architetto, secondogen­ita di Renata Fonte, e mamma di Sveva Renè
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