«La vita nel paese il cui solo nome porta brividi»
In una situazione di normalità avrei scritto per mandare semplici auguri per Pasqua, ma abito a Codogno, incredibile focolaio del virus, e ogni contatto con il mondo «esterno» è prezioso e porta un poco di luce. All’atmosfera che si vive si addice molto l’inizio di una poesia di Carducci: «Una bieca druidica visione sugli spiriti cala e gli tormenta».
Il solo nome del paese oggi, nel clima di paura e di panico generali, porta i brividi. Venerdì scorso, in un paio d’ore, siamo precipitati in una voragine dalla quale non so come risaliremo. La vita sta un poco riprendendo il suo corso, nel senso che si esce, ci si parla, non manca niente, ma gli affetti hanno assunto nuovi significati, le relazioni hanno perso vigore, tutti sospettosi di tutti, tutti potenziali untori o contagiati. Manca come bene primario l’ebbrezza della libertà, mentre si è acuito il senso di precarietà e di finitudo umana. Il tempo è diventato un grande amico. Si è fatto lungo, ci coccola concedendoci momenti per una infinità di cose da fare senza fretta, senza ansia.
La nostra vita è cambiata. Chissà mai se tornerà quella di un tempo. Stavo aspettando la primavera, con l’emozione antica e di anno in anno rinnovata. Già sentivo il suo profumo, ne curavo i colori. i fili verdi, la luce. Passerà con pochi fremiti, senza guizzi lasciando il senso delle cose perdute.