Se vuoi goderti la musica inventane un po’ anche tu
La prospettiva è originale. Come se all’amico timoroso di prendere l’aereo dicessimo: siedi ai comandi del mio Jumbo e prova a decollare. Nicola Campogrande, compositore, saggista e direttore artistico del festival Mito, segue questo metodo nel nuovo libro Capire la musica classica, sottotitolo Ragionando da compositori (Ponte alle Grazie). Punta infatti a spiegare il grande repertorio (e le avanguardie), comunque un tipo di ascolto che nel diffuso analfabetismo musicale oggi spaura molti, dando invece in mano a tutti la cloche del jet, «i ferri del mestiere». Non con un trattato teorico, ma con un simpatico incoraggiamento tra pari. Ove anche il velo di autocompiacimento dell’autore serve a generare il compiacimento del lettore, chiamato in causa direttamente.
Lo sprone è costante, il gioco presuppone che, davvero, chi legge si metta a comporre musica, imparando da Bach o da Beethoven come da un «collega». «Oggi, mentre vi accingerete a scrivere il vostro prossimo pezzo, sappiate che…». Campogrande guida passo passo: decidete prima la velocità, spiega, poi il ritmo, il forte e il piano, il crescendo e il diminuendo, se ideare un canto accompagnato o una polifonia. Per ogni punto, un capitoletto conciso. Scritto, cortesemente, senza voler spiegare la musica con la musica, tipico cortocircuito dei musicologi che non sanno comunicare, ma con metafore alla portata di tutti: il ritmo è «la scossa con la quale ogni istante di musica giungerà a destinazione», il contrappunto «un raffinato sudoku» ovvero «l’arte di ricavare il molto partendo dal poco»; le scale sono «frecce che puntano a un bersaglio», il senso tematico «un istinto alla Pollicino». O ancora: «Per la scrittura orchestrale dovete usare un pennello grosso», «nella musica sinfonica ci sono più mattoncini Lego con i quali inventare».
Sì, perché, dopo i fondamentali, Campogrande invita all’esercizio pratico e, con la scusa di consigliare amichevolmente come scrivere per pianoforte, per trio, quartetto o quintetto, per ensemble di fiati, per orchestra, o anche per mandolino, fisarmonica o bassotuba, un Lied, un’opera o una «musica d’ambiente», offre gli strumenti base per avvicinare un vastissimo repertorio. Ogni capitolo illustra diverse possibilità che si aprono al lettore. A lui la scelta, se scrivere, ad esempio, un pezzo narrativo o una libera fantasia «come un prato pieno di fiori».
Per ogni porta che si apre, Campogrande addita alcuni brani paradigmatici, come suggerimento d’ascolto. E questo rende il libro gustoso non solo per il neofita, ma anche per l’esperto. L’ambito dei consigli è amplissimo, 154 brani e 95 autori, spaziando dai pezzi più famosi, la Quinta di Beethoven o Va’ pensiero di Verdi, il Quintetto La Trota di Schubert o L’uccello di fuoco di Stravinskij, a quelli più rari, che titillano l’orgoglio del competente; fino a quelli che, francamente, è anche lecito non conoscere, come El hambo di Jaakko Mäntjärvi, classe 1963. Esempio: se il pezzo «che state componendo» è di quelli che offrono punti di orientamento all’ascoltatore, Campogrande consiglia di attingere a Danse sacrale di Stravinskij o a Reflets dans l’eau di Debussy; se invece volete «sprofondare dentro la musica», fate appello alla Sonata per pianoforte numero 2 di Schumann o a Music for 18 Musicians di Steve Reich.
Scelte e proporzioni sono molto personali: Campogrande cita soprattutto musica strumentale, poche opere liriche, pochissimo Wagner, molti autori del Novecento e dei nostri giorni, che è giusto scoprire. Non fa mistero dei suoi gusti, loda Ludovico Einaudi, raccomanda Bryce Dessner, Olli Mustonen o Anna Clyne, paragona Arnold Schönberg a Steve Jobs ma dichiara «un fallimento» il metodo dodecafonico. Dopo le «basi» e i generi, con la stessa, dotta semplicità, il libro ci guida, infatti, in un excursus storico tratteggiando le peculiarità dello stile barocco, il Classicismo viennese, la musica romantica (il consiglio: «Dare sfogo all’egocentrismo»), fino alla musica di oggi. Risultato? Il lettore-compositore non riuscirà forse a scrivere subito subito la sua prima Sinfonia; ma, di certo, ascoltando quelle dei «colleghi», capirà e si divertirà un po’ di più.
L’approccio
La strategia per vincere i timori nei confronti della classica è ragionare da autori