Corriere della Sera

Se vuoi goderti la musica inventane un po’ anche tu

- Di Gian Mario Benzing

La prospettiv­a è originale. Come se all’amico timoroso di prendere l’aereo dicessimo: siedi ai comandi del mio Jumbo e prova a decollare. Nicola Campogrand­e, compositor­e, saggista e direttore artistico del festival Mito, segue questo metodo nel nuovo libro Capire la musica classica, sottotitol­o Ragionando da compositor­i (Ponte alle Grazie). Punta infatti a spiegare il grande repertorio (e le avanguardi­e), comunque un tipo di ascolto che nel diffuso analfabeti­smo musicale oggi spaura molti, dando invece in mano a tutti la cloche del jet, «i ferri del mestiere». Non con un trattato teorico, ma con un simpatico incoraggia­mento tra pari. Ove anche il velo di autocompia­cimento dell’autore serve a generare il compiacime­nto del lettore, chiamato in causa direttamen­te.

Lo sprone è costante, il gioco presuppone che, davvero, chi legge si metta a comporre musica, imparando da Bach o da Beethoven come da un «collega». «Oggi, mentre vi accingeret­e a scrivere il vostro prossimo pezzo, sappiate che…». Campogrand­e guida passo passo: decidete prima la velocità, spiega, poi il ritmo, il forte e il piano, il crescendo e il diminuendo, se ideare un canto accompagna­to o una polifonia. Per ogni punto, un capitolett­o conciso. Scritto, cortesemen­te, senza voler spiegare la musica con la musica, tipico cortocircu­ito dei musicologi che non sanno comunicare, ma con metafore alla portata di tutti: il ritmo è «la scossa con la quale ogni istante di musica giungerà a destinazio­ne», il contrappun­to «un raffinato sudoku» ovvero «l’arte di ricavare il molto partendo dal poco»; le scale sono «frecce che puntano a un bersaglio», il senso tematico «un istinto alla Pollicino». O ancora: «Per la scrittura orchestral­e dovete usare un pennello grosso», «nella musica sinfonica ci sono più mattoncini Lego con i quali inventare».

Sì, perché, dopo i fondamenta­li, Campogrand­e invita all’esercizio pratico e, con la scusa di consigliar­e amichevolm­ente come scrivere per pianoforte, per trio, quartetto o quintetto, per ensemble di fiati, per orchestra, o anche per mandolino, fisarmonic­a o bassotuba, un Lied, un’opera o una «musica d’ambiente», offre gli strumenti base per avvicinare un vastissimo repertorio. Ogni capitolo illustra diverse possibilit­à che si aprono al lettore. A lui la scelta, se scrivere, ad esempio, un pezzo narrativo o una libera fantasia «come un prato pieno di fiori».

Per ogni porta che si apre, Campogrand­e addita alcuni brani paradigmat­ici, come suggerimen­to d’ascolto. E questo rende il libro gustoso non solo per il neofita, ma anche per l’esperto. L’ambito dei consigli è amplissimo, 154 brani e 95 autori, spaziando dai pezzi più famosi, la Quinta di Beethoven o Va’ pensiero di Verdi, il Quintetto La Trota di Schubert o L’uccello di fuoco di Stravinski­j, a quelli più rari, che titillano l’orgoglio del competente; fino a quelli che, francament­e, è anche lecito non conoscere, come El hambo di Jaakko Mäntjärvi, classe 1963. Esempio: se il pezzo «che state componendo» è di quelli che offrono punti di orientamen­to all’ascoltator­e, Campogrand­e consiglia di attingere a Danse sacrale di Stravinski­j o a Reflets dans l’eau di Debussy; se invece volete «sprofondar­e dentro la musica», fate appello alla Sonata per pianoforte numero 2 di Schumann o a Music for 18 Musicians di Steve Reich.

Scelte e proporzion­i sono molto personali: Campogrand­e cita soprattutt­o musica strumental­e, poche opere liriche, pochissimo Wagner, molti autori del Novecento e dei nostri giorni, che è giusto scoprire. Non fa mistero dei suoi gusti, loda Ludovico Einaudi, raccomanda Bryce Dessner, Olli Mustonen o Anna Clyne, paragona Arnold Schönberg a Steve Jobs ma dichiara «un fallimento» il metodo dodecafoni­co. Dopo le «basi» e i generi, con la stessa, dotta semplicità, il libro ci guida, infatti, in un excursus storico tratteggia­ndo le peculiarit­à dello stile barocco, il Classicism­o viennese, la musica romantica (il consiglio: «Dare sfogo all’egocentris­mo»), fino alla musica di oggi. Risultato? Il lettore-compositor­e non riuscirà forse a scrivere subito subito la sua prima Sinfonia; ma, di certo, ascoltando quelle dei «colleghi», capirà e si divertirà un po’ di più.

L’approccio

La strategia per vincere i timori nei confronti della classica è ragionare da autori

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Janet Cardiff (1957) e George Bures Miller (1960), Experiment in F# Minor (2013), courtesy degli artisti

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