Federica Brignone vince la Coppa di combinata E sogna il grande traguardo
L’azzurra non si accontenta del trofeo della combinata «Vlhova resta favorita, ma io non mi arrendo»
Stavolta ha vinto senza correre: combinata cancellata a causa di una forte nevicata, impossibile pensare al recupero della terza gara in calendario di questa disciplina. Il trofeo della specialità è dunque di Federica Brignone, grazie alle vittorie di Altenmarkt e di Crans Montana. «Ma io avrei preferito conquistarlo in pista, lottando possibilmente, come sempre, per il primo posto» commenta l’azzurra. È lo spirito di sportività e di competitività che sempre l’accompagna, ma intanto è la prima Coppa del Mondo della sua carriera.
Federica, l’anno scorso le assegnarono solo il primato nella classifica della combi ma non la «coppetta» perché c’erano due sole prove in programma e una fu annullata. Lei aveva vinto l’altra, ma non bastava.
«Sì ora è davvero mia. Sono commossa, è successo tutto molto in fretta e devo ancora rendermene conto. Sono però dispiaciuta, oltre che per la gara mancata e per un possibile podio perso, per il disagio degli organizzatori che sono stati battuti dal meteo: questa è la mia valle, ci tenevo tanto che fosse una festa».
Una gara in meno significa però che lei si è avvicinata ancora di più alla Coppa del Mondo assoluta: mancano sette prove, è sempre convinta che Petra Vlhova, oggi terza dopo la Shiffrin, sia la favorita?
«Sì, ha tre gare utili in più di me, parlo degli slalom dove è superfavorita. E anche nelle altre discipline ha dimostrato di andare forte: sabato in superg, con il quarto posto, ha ottenuto il suo miglior risultato nella specialità».
Pessimismo eccessivo?
«No, realismo. Ma non significa che non ci proverò fino all’ultimo. Come dice il mio allenatore, siamo in guerra. E lotteremo battaglia dopo battaglia».
A proposito di guerra, la Vlhova ha alzato i toni dopo la cancellazione del gigante e dello slalom di Ofterschwang per mancanza di neve.
«Io l’ho vista calma, sabato... Dite che forse è il suo entourage a soffiare sul fuoco? Non saprei e non mi interessa. Dico solo che è impossibile sostituire una tappa della Coppa così su due piedi, anche alla luce dei problemi legati al coronavirus: chi è disposto a organizzare? Comunque
le cancellazioni danno fastidio anche a me: sono in forma, potrei vincere ovunque. Riassumendo: chi vuole agitarsi, si agiti pure; ma non sarò io a farlo».
Qual è il piano di battaglia per queste tre settimane decisive su altri fronti?
«Lavoro, lavoro, lavoro: andrò al Nord ad allenarmi, visto che ci aspetta la Svezia».
Serve anche per allontanarsi dal coronavirus...
«Mah, sono perplessa per quanto sta accadendo. Non voglio banalizzare, in fondo è poco più di un’influenza. Vedo invece troppo allarmismo e tante esagerazioni: io ad esempio non mi sono mai chiusa in casa, ho solo preso le giuste precauzioni».
Torniamo alla lotta per la «coppona»: si aspetta di rivedere la Shiffrin, ancora negli Usa dopo la morte del padre?
«Continuano a non esserci notizie su di lei. Forse sarebbe rientrata in Germania, o forse no. Me l’aspetto a Cortina e come ho già detto sarebbe bello rivederla a fare la cosa che ama di più: sciare. Ma non mi ossessiono: faccio le gare solo pensando a me e non a lei, alla Vlhova o a quello che le avversarie possono dire».
Sono commossa, è successo tutto molto in fretta, ma sono anche dispiaciuta: avrei preferito gareggiare
Sono realista, so che arrivare alla coppa assoluta sarà molto difficile, ora lavorerò come una pazza
Raggiungere le 16 vittorie di Compagnoni? Non è un obiettivo primario, e poi i conti li farò a fine carriera
Quanto ha sognato una coppa?
«Tante volte. E questa è la prima... Non sarà importante come quella delle altre discipline, ma non è vero che ha poco valore. Se guardate chi l’ha vinta, dalla Shiffrin, alla Holdener a tante altre campionesse, dà il senso della poliedricità e della completezza.me la tengo con orgoglio».
Ci sarà anche da raggiungere, e magari battere prima della fine della stagione, le 16 vittorie in Coppa di Deborah Compagnoni, leader italiana ogni epoca.
«Non è un obiettivo prioritario. E poi, ripeto, i conti rispetto a un mito quale Deborah li farò a fine carriera».