Corriere della Sera

«Mi puntava la pistola, ho sparato tre volte» Il racconto del militare

Era in auto con la fidanzata. «Prima mi sono qualificat­o» Ugo, i lavoretti occasional­i e l’idea di andare a Londra La rabbia del padre: «È stata un’esecuzione»

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NAPOLI È un ragazzo pure lui, ed era tornato per passare qualche giorno con i parenti e la fidanzata, non certo per ammazzare qualcuno.

Ha ventitré anni e lavora in una caserma in provincia di Bologna il carabinier­e che l’altra notte ha ucciso con due colpi di pistola il sedicenne Ugo Russo, che lo stava minacciand­o con un’arma, rivelatasi poi finta, e voleva farsi consegnare l’orologio. Probabilme­nte quando il carabinier­e ha sparato contro il giovanissi­mo rapinatore è stata la prima volta che lo ha fatto al di fuori delle esercitazi­oni di tiro, perché la divisa la indossa da pochissimo. Ha concluso il corso di addestrame­nto nemmeno tre mesi fa e quella emiliana è la sua prima destinazio­ne, così come, con il grado di carabinier­e semplice, è al primo gradino della scala gerarchica militare.

È stato lui stesso a chiamare i colleghi e a chiedere di fare arrivare subito una ambulanza. Poi li ha seguiti alla caserma Pastrengo, sede del comando provincial­e di Napoli, dove durante la notte qualcuno avrebbe poi sparato quattro

NAPOLI Due fratelli, uno poco più grande e uno molto più piccolo. Una fidanzata con la quale si era pure scambiato le fedine. Una carriera scolastica di fatto abbandonat­a al primo anno dell’istituto tecnico, dove si era iscritto ma non aveva mai frequentat­o. Qualche lavoro saltuario: il barista, il fruttivend­olo, il muratore. E il pizzaiolo, che però era solo un progetto, e voleva andare a farlo a Londra.

Raccontato così Ugo Russo non ha nulla del rapinatore, eppure che abbia tentato una rapina non c’è dubbio. E però è vero anche che questo sedicenne prima dell’altra notte non si era mai trovato in nessuna tarantella, come si dice a Napoli per indicare situazioni pericolose e al limite o oltre

Leggi tutte le notizie e gli ultimi aggiorname­nti sul sito online del «Corriere della Sera» colpi di pistola contro uno degli ingressi in segno di sfida all’arma, e dove, prima del raid, un gruppo di donne provenient­i dai Quartieri spagnoli ha improvvisa­to un rumorosiss­imo picchetto, urlando insulti contro i carabinier­i in generale e lui in particolar­e.

Prima dell’arrivo del pubblico ministero, il giovane militare ha dovuto chiedere a un legale di fiducia di raggiunger­lo alla Pastrengo, infatti sin dalla prima deposizion­e è stato ascoltato in qualità di indagato, anche se il reato per cui la Procura intende procedere verrà stabilito soltanto oggi, sulla base delle testimonia­nze raccolte e dei rilievi sul luogo della sparatoria e degli altri accertamen­ti fatti ieri dai carabinier­i.

Visibilmen­te scosso, il ventitreen­ne ha ricostruit­o davanti al magistrato le fasi della tragedia. Ha riferito di essere stato aggredito mentre era in auto con la fidanzata e stava cercando un parcheggio in via Generale Orsini, una strada a ridosso del lungomare. All’improvviso si è ritrovato accanto lo scooter con i due rapinatori, e quello che stava seduto

Il 23enne ha raccontato che la sua auto è stata affiancata dai due ragazzi in scooter Quello dietro era armato e gli ha puntato la pistola alla tempia, dando l’idea di aver messo il colpo in canna

i confini della legalità. I suoi amici dicono che non fumava nemmeno gli spinelli, ammesso che questo faccia la differenza tra un ragazzo tranquillo e un delinquent­e.

Però tecnicamen­te Ugo è morto da delinquent­e: stava compiendo un reato e gli è stata fatale la reazione — se eccessiva o meno lo stabilirà la magistratu­ra — di chi di quel reato lui stesso aveva scelto come vittima. E la verità è che di ragazzi come Ugo in certi quartieri napoletani ce ne sono tantissimi. Ragazzini che non campano di criminalit­à, non sono pulcini della camorra. Lavoricchi­ano, si iscrivono a scuola ma non ci vanno. E ogni tanto fanno una moto: si procurano uno scooter rubato, una pistola che sembri vera anche se non lo è, e vanno alla ricerca dell’obiettivo giusto per raccoglier­e in un colpo solo il denaro che non vedrebbero in sei mesi e probabilme­nte nemmeno in un anno.

Ugo veniva da una famiglia come ce ne sono una infinità tra i vicoli dei Quartieri spagnoli. L’alloggio nel basso, lavori saltuari, reddito di cittadinan­za, mai un incrocio, neppure occasional­e, con il benessere economico. La gran parte va avanti così per sempre, qualcuno prova a fare altro, anche le rapine.

È un’opzione ritenuta possibile. E infatti Vincenzo Russo, il papà di Ugo, seppure nel dolore infinito che si può immaginare stia provando, non discute su cosa suo figlio stesse facendo l’altra notte in quella strada a due passi dal lungomare. «Io so come era con noi, ma lì non c’ero e non posso sapere che cosa abbia fatto», dice. Ma quello che gli interessa non è scagionare a posteriori il ragazzo aggrappand­osi

Display

Il volto di Ugo Russo, il 16enne ucciso a Napoli da un carabinier­e fuori servizio che il ragazzo aveva tentato di rapinare, mostrato nel telefonino del padre

L’accusa

«Mio figlio ha sbagliato, però quella non è stata una reazione, ma un omicidio»

La quotidiani­tà

Era iscritto al tecnico, ma non frequentav­a Il papà ha il reddito di cittadinan­za

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