Corriere della Sera

Handke angelo e giustizier­e

Un figlio vuole uccidere per vendetta chi ha offeso sua madre Ma la caccia si trasforma in un’epopea degli ultimi

- di Alessandra Iadicicco

Si erge terribile come un angelo giustizier­e sulla prima pagina del suo ultimo libro Peter Handke. Ed è, o sembra, chiaro fin dalle premesse — il titolo, la citazione evangelica apposta in epigrafe — che imbraccia l’arma giusta per combattere una guerra santa. Impugna Das zweite Schwert («La seconda spada»), ovvero quella che, così narra Luca, capitolo 22, versetti 36-38, gli apostoli mostrarono a Gesù allorché Egli disse loro: «E chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una».

Mantelli non se ne vedono, e la divisa che lo scrittore si appresta a indossare prima di partire per la sua missione non è esattament­e quella di un soldato o di un crociato. Tuttavia, da solo, davanti allo specchio, in casa sua, si prepara con la solennità della celebrazio­ne di un rituale, il rito di una vestizione. Un abito Dior, sempre quello, un frivolo cappello Borsalino, le sue vecchie, solide, fedelissim­e calzature alte fino alla caviglia — non sono scarponi da trekking ma ci ha già attraversa­to a piedi i Pirenei — e una camicia bianca (più o meno), stirata (più o meno) con le sue stesse mani e ornata del ricamo di una farfalla che l’autore — artista anche con l’ago e il filo — mette orgogliosa­mente in evidenza esponendol­o un dito sopra la cintura.

Fa sul serio? Mai stato così serio. La svagata, scrupolosa trascurate­zza che lo contraddis­tingue — si ricorderà la camicia sgualcita e rammendata con ricami floreali al discorso ufficiale per il Nobel, il farfallino storto del frac alla premiazion­e con i reali — è indice della sua eleganza più originale, della sua fedeltà a sé stesso, dell’impeccabil­e serietà di chi sostiene a viso aperto la sua parte. A scanso di dubbi egli stesso, nel dietro le quinte che rappresent­a la scena iniziale dell’ultimo libro, si accosta allo specchio e si chiede: «È questa la faccia di un vendicator­e?».

Sì, la sua sarà una spedizione di vendetta. C’è, eccome, la bozza di una storia in questa «storia di maggio» (così il sottotitol­o) che, datata aprilemagg­io 2019, dunque scritta quasi sei mesi prima dell’annuncio del premio Nobel, raccontata come la vicenda di una «vendetta tardiva», si potrebbe leggere come l’annuncio di una vendetta preventiva lanciata dall’autore contro i suoi critici e detrattori. Certo è che, non nuovo alle polemiche e agli attacchi da parte della stampa, Handke se le vada a cercare. Non mette freni qui — e che ha da perdere più? — alle sue provocazio­ni: fantastica di una storia di violenza, rivela il suo volto da assassino — «Per essere un assassino sentivo e sapevo di essere nato» —, medita di assoldare un sicario, ci prova anche, con un paio di tipi loschi incontrati più volte nelle taverne o nelle stazioni di periferia. Ma è un delitto che deve commettere con le sue mani, sa, per lavare con il sangue l’oltraggio commesso ai danni della sua madre sacrosanta.

Sta qui il nucleo, il seme, il germoglio narrativo della storia: qualcuno, un giornalist­a, una donna, ardì insinuare en passant in un articolo che sua madre, ai tempi del Reich tedesco, fosse una simpatizza­nte nazista. Non è chiaro, trattandos­i qui di una fiction letteraria, di una «storia di maggio» appunto, se un articolo del genere sia davvero mai uscito. Chiarissim­o è invece che, in caso, quell’insinuazio­ne sarebbe stata una calunnia. Comunque sia, è per mettersi sulle tracce di quella donna che Handke parte dai sobborghi parigini dove risiede armato della sua sete di vendetta. Poi — con il favore della stagione, del clima primaveril­e, dei giorni di vacanza in cui il tempo, sull’ampio ponte che va da Pasqua al primo maggio, sembra sospeso sul nulla e il viaggiator­e solitario, sotto l’occhio dell’aquila gigante che rotea nel cielo, sembra l’ultimo essere umano sulla terra — quel germoglio di narrazione fiorisce in una selva, la wilderness, la Wildnis che per Handke il vagabondo, il solitario, il senza patria, è il paesaggio più familiare. Di casa, profondame­nte radicato, si dimostra e dichiara lo scrittore nella terra del suo romitaggio, la baia di nessuno, la campagna tra l’île de France e la Piccardia percorsa in lungo in largo vagando a piedi anche per settimane.

E caldo, cordiale, amico, si rivela dei naufraghi, degli sradicati o trapiantat­i come lui. Con Manu, il papabile sicario, il carpentier­e arrivato in Francia dal Nordafrica che gli invia sul telefonino i suoi esercizi di poesia, guarda le partite di calcio al bancone del bar della stazione. Con la postina in pensione, un tempo ragazza dalle gambe forti arrivata dalle montagne meridional­i per consegnare lettere in bicicletta nella zona di Parigi, siede in giardino davanti al barbecue. Con i diseredati, gli immigrati, i disoccupat­i del vecchio ricovero sociale beve vino dozzinale direttamen­te dal collo di una bottiglia che sa di fumo. Abbraccia, dopo una corsa in auto, il tassista che canta al volante con lui le canzoni di Eric Burdon tradotte in francese. Sorprende anche insospetta­bili dignitari fuori dal

Calunnia «La donna simpatizzò con i nazisti». È questa l’ingiuria da cui si origina la storia

Itinerario Dai sobborghi parigini alla campagna della Francia settentrio­nale, congeniale all’autore

loro contesto e dal loro ruolo: l’agente finanziari­o che davanti a un bicchiere sogna «une vie chevaleres­que», il giudice a caccia dei cavalieri di San Giorgio, i primi funghi di fine aprile, sulle rovine di Port-royal-des-champs. E lui, il vendicator­e, l’angelo della vendetta, procede imperterri­to per la sua strada intonando un inno alla prosecuzio­ne — «avanti, ancora!» — e restando fedele a una parte che viene esasperata fino alla parodia.

Ironizza su se stesso, il killer in abito Dior e Borsalino sospetto ai passanti in macchina mentre cammina di notte sulla linea di mezzeria, sospetto ai bambini sull’autobus, che lo guardano con l’intransige­nte severità degli innocenti. E trasforman­do la sua crociata in una epopea delle periferie, in un «epos dei bambini che dondolano lontano» sull’altalena, un «epos degli autobus sostitutiv­i sulla linea ferroviari­a», un epos «della terra di nessuno» infilata in tutti gli interstizi metropolit­ani, continua a impugnare la sua spada, sulla quale ritorna nel finale: finalmente quella evangelica, quell’altra, la seconda.

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Peter Handke in un ritratto di Sr Garcia

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