Le Sardine di Maria De Filippi tra ambizione e pedagogia
C osa c’entra il movimento delle Sardine con Maria De Filippi? La partecipazione dei fondatori del movimento alla prima puntata dell’edizione serale di Amici ha scatenato non poche curiosità. Molto è già stato scritto sulla dimensione politica (o presunta tale) dell’intervento, ma è mancata una riflessione più televisiva, sul momento di spettacolo che ha preso vita in studio.
L’impressione netta è stata quella di trovarsi davanti a un’operazione pienamente nelle corde di Maria, premiata anche dall’audience, come già avvenuto in occasioni simili nel passato (l’intervento di Roberto Saviano o quello di Matteo Renzi
con giubbino di pelle). Tra tutti i programmi della De Filippi S.P.A., Amici è quello più pretenzioso e, insieme, più pedagogico: usa la metafora della scuola per costruire le sue trame, gioca sui ruoli di allievi e professori. Maria è in versione istitutrice, un ruolo che sembra compiacerla non poco, ed ecco perché si concede di ospitare queste incursioni più ambiziose. Anche se l’immaginario di riferimento di Amici, nonostante un annoiato Tommaso Paradiso, infilato nel cast in quota intellettuale, resta quello del mondo Fascino, di Uomini e donne e di C’è posta per te.
Al velato endorsement di Maria, ci s’immagina corrispondere un certo interesse del «suo pubblico», proprio perché Mattia Sartori e soci hanno scelto di enfatizzare l’anima più ideale del loro messaggio, con l’accoglienza del diverso, i generici richiami alla bellezza che salverà il mondo (stile Miss Italia), le questioni ambientaliste. Temi che sarebbero stati perfetti per quando, nei primi Anni 90, Amici era ancora un talk show generazionale dedicato agli adolescenti con Maria ai suoi primi passi in video. Le Sardine erano schierate in studio nella consueta formazione con i tre frontman sul davanti e una piccola folla dietro di loro: una sorta di Quarto Stato sommerso nell’estetica degli United Colors.