Corriere della Sera

I nemici di Ugo

- di Massimo Gramellini

Ifatti fin qui appurati sono che un ragazzo di quindici anni, Ugo Russo, è stato ucciso a Napoli da un carabinier­e fuori servizio a cui aveva puntato alla tempia una pistola giocattolo per estorcergl­i l’orologio. Che i familiari del ragazzo hanno devastato un pronto soccorso, infischian­dosene di chi vi lavorava o vi era ricoverato. E che alcune persone hanno sparato colpi intimidato­ri contro una caserma dei carabinier­i.

La morte di un adolescent­e insulta sempre la vita, anche quando si tratta di un balordo che scriveva sui social «perché uccidere qualcuno, se lo puoi torturare». Il mondo è pieno di ex adolescent­i balordi che hanno cambiato strada, mentre a Ugo Russo questa possibilit­à è stata negata. Ma, per quanto umanamente comprensib­ile, il tentativo del padre di farlo passare per una vittima dello Stato distorce i termini del problema. Saranno i giudici a stabilire se la reazione del carabinier­e sia stata esagerata. Ma resta il fatto che Ugo non è stato ucciso mentre camminava per strada, come succede a tanti bravi ragazzi napoletani che cadono sotto i colpi della camorra durante quei riti tribali di demarcazio­ne del territorio che si chiamano «stese». Ugo non era un passante. Era il prodotto inesorabil­e di un ambiente che trova normale devastare un pronto soccorso e sparare contro una caserma dei carabinier­i. E lo trova normale perché — dopo decenni di convegni e serie televisive — considera ancora quella caserma e quel pronto soccorso i palazzi del nemico.

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