Corriere della Sera

IL SENTIERO STRETTO

IL SENTIERO STRETTO PER CONTRASTAR­E IL

- di Venanzio Postiglion­e

Anche le immagini possono dare un po’ di fiducia. La figlia che saluta da lontano la mamma ricoverata e si fa capire con i gesti e i sorrisi. I nonni che si prendono cura dei nipoti: saranno pure i più fragili, ma sono l’ossatura stessa di questo Paese. Il capitano (italiano) che lascia la nave Diamond Princess per ultimo, in divisa e mascherina, come fanno i veri comandanti, che esistono ancora. Il Duomo di Milano che riapre e accoglie i primi turisti, perché l’eccezione italiana sta finendo e i contagi aumentano in molti Paesi: nessun sollievo, solo lo specchio di un fenomeno più grande.

Non siamo il focolaio del mondo. E neppure i testimoni dell’apocalisse. Ma nessuno, dal ’45, ricorda la Scala e i cinema chiusi a Milano oppure zone d’italia dove non si può entrare e uscire. Preoccupar­si, come è normale, e allo stesso tempo evitare il panico, come è doveroso. Limitare il contagio, seguendo gli esperti, ma anche tenere viva l’economia, ascoltando gli imprendito­ri, i commercian­ti, i profession­isti. Quando le cose sono veramente complicate, si dice che va percorso un sentiero stretto. Strettissi­mo. È quello che sta succedendo. Il diritto alla salute, che è prioritari­o, nel difficile equilibrio con tutti i diritti della nostra vita. Le ricette semplici, tutto-chiuso o tutto-aperto, sono fumo negli occhi. Meglio dirselo.

Il fronte più delicato resta la sanità. Il modello italiano è tra i migliori del mondo, medici e infermieri aggiungono impegno e slancio: si capisce, nei giorni dell’emergenza, quanto sia stato assurdo mortificar­e o far emigrare una generazion­e di giovani dottori ricchi di talento, di passione.

Il tema, adesso, sono i posti letto, in particolar­e in terapia intensiva. È per questo che bisogna ridurre gli assembrame­nti e frenare i contagi: il sistema deve reggere. Organizzar­e o riorganizz­are la sanità in tempi brevi, con l’aiuto indispensa­bile delle strutture private e con tutti gli scenari

Che cosa fare

Le ricette semplici, tuttochius­o o tutto-aperto, sono fumo negli occhi Meglio dirselo subito

possibili, è esattament­e il punto. Non c’è querelle Statoregio­ne che tenga, non c’è visibilità politica che regga: fronteggia­re l’onda, o la possibile onda, negli ospedali è l’unica via per rassicurar­e (sul campo, di fatto) gli italiani. Il traguardo non è tanto il bollettino quotidiano, con la danza dei numeri e uno scatto di angoscia in più: il traguardo è sapere come, dove e quando sono previste le cure. L’aumento dei guariti, che si rivela un dato confortant­e, è il filo che non può scappare di mano. La trasparenz­a ha senso per fare: non solo per descrivere.

In un articolo illuminant­e, Paolo Giordano ci ha raccontato «la matematica del virus»: la chiave è il numero di persone che ogni individuo colpito arriva a contagiare. Solo se la cifra è inferiore a 1, la diffusione si ferma da sola. Di qui la cintura attorno alle città-focolaio, ma anche la chiusura delle scuole, dei cinema, dei teatri nelle zone considerat­e a rischio. Tra qualche giorno, governo, Regioni, esperti, saranno chiamati alla prova più dura: riaprire o non riaprire. Più forte sarà la fiducia che sapranno conservare, più forte sarà il consenso per le scelte.

E vale anche per l’economia. L’allarme delle imprese è fondato: la frenata di Lombardia, Veneto, Emilia-romagna, e non solo, equivale a bloccare la locomotiva e a immaginare che il treno vada avanti lo stesso. L’europa ha tentennato, non è una novità, adesso parla di «rischio alto» e si prepara a intervenir­e. Il consiglio dei ministri, previsto per venerdì, dovrà indicare le misure e magari farà in tempo ad arrivare con una sola linea e a comunicarl­a in modo efficace. C’è tutto il Nord che ha bisogno di respirare e, appena possibile, di ripartire. Girare la sera in una Milano semi-deserta è un film di fantascien­za. «Quanto può durare?». Anche le domande più giuste possono restare senza risposta: ma solo a breve termine.

I Promessi Sposi di Manzoni sono stati il libro più citato

Gli ospedali

Il tema, adesso, sono i posti letto, in particolar­e in terapia intensiva: il sistema deve reggere

degli ultimi giorni, con la battaglia tra la ragione e le tenebre. Ma sono 2.500 anni, dalla peste di Tucidide a quella di Camus, che siamo pronti a non essere pronti ai giorni del contagio. Si spera che presto i ricercator­i troveranno il vaccino e allora sarà più chiaro che la prospettiv­a non è rinunciare al progresso, ma investire ancora di più nella scienza, nella medicina. Nella salute delle persone.

Nel frattempo, dire che ne usciremo più forti o più fragili diventa un tema da retoriche opposte e forse inutili. L’unica strada è che dobbiamo organizzar­ci. E spiegare, spiegare, spiegare. Anche se e quando si cambia strategia, come può succedere. Non si chiedono miracoli: soltanto serietà. O, se vogliamo esagerare, «virtute e canoscenza», come diceva un Poeta abbastanza noto, qualche anno fa.

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