La sfida sui migranti Bimbo muore a Lesbo
Al confine tra la Turchia e la Grecia, dove sono accampati 10 mila siriani in fuga Annega un bambino al largo di Lesbo Erdogan minaccia l’ue: sarà un’invasione
Sale la tensione ai confini con la Grecia. Per respingere i siriani in fuga, Atene non esita a sparare lacrimogeni, alzare muri e far volare i droni. Davanti a Lesbo è morto un bambino. A Idlib Erdogan vuole il sostegno dell’europa.
KASTANIES (CONFINE GRECO-TURCO)
La frontiera attraversa campi coltivati, macchie d’arbusti spogli, regioni semplici da percorrere anche a piedi, ma altrettanto da monitorare per le forze di sicurezza greche. Solo l’avvallamento dove scorre il fiume Evros offre qualche nascondiglio in più. Avvicinandosi ai fili spinati i migranti più forti e giovani si disperdono nella campagna segnata da antichi sentieri. Qualcuno s’immerge in maglietta nell’acqua gelida color fango. «Li hanno presi che provavano a passare a nuoto o su canotti di fortuna. Ma i nostri droni li hanno scorti ancora prima che entrassero nel fiume», dice un poliziotto nell’ultima garitta di Kastanies sovrastata dal vessillo greco sventolante pigro assieme a quello blu a stelle gialle
dell’unione Europea. Di fronte, oltre la sbarra dipinta di bianco, si scorge la bandiera turca. «Non è strano che i migranti cerchino di entrare in Europa passando da Kastanies. È la prima zona facile da camminare e con pochi ostacoli su 200 chilometri di confine per chi viene da Istanbul. Più a sud il fiume si fa largo, difficile da attraversare. A nord invece, verso la Bulgaria, ci sono le montagne e fa ancora più freddo», spiega la proprietaria di un ristorante presso la dogana.
Nutriti contingenti di uomini delle forze di sicurezza greche bloccano circa 10 mila persone assiepate proprio qui di fronte, lontane da noi solo alcune centinaia di metri, alle periferie della città turca di Edirne. Sono siriani, afghani, pakistani, africani, marocchini. I camion militari portano nuovi fili spinati appesi a barricate mobili per chiudere i varchi aperti. «I militari turchi danno le loro tenaglie ai migranti», accusa un ufficiale greco. L’ostilità greco-turca si taglia col coltello. S’individuano da lontano i fumi dei bivacchi di fortuna. I migranti che provano a passare vengono accolti a manganellate e lacrimogeni. Il governo greco adotta la politica del pugno di ferro: respingimenti ad oltranza, senza eccezioni e nonostante le critiche dell’onu. «Per almeno un mese sono del tutto congelate le domande di visto», annunciano da Atene. Intransigenti anche gli agenti della guardia costiera di fronte a Lesbo e alle altre isole dell’egeo: non fanno spiaggiare i gommoni. Ieri un bambino siriano pare sia morto annegato. Comunque, in serata le autorità segnalavano 1.200 sbarchi alle isole. Chi riesce fortunosamente a passare i fili spinati rischia di essere preso al primo controllo. Verso le 10 della mattina presso Alessandropoli abbiamo visto una decina di giovani che balzavano già dal cassone coperto di un camioncino al lato dell’autostrada in direzione di Atene. Subito dopo erano spariti tra gli alberi bassi e fitti delle brughiere. Proveranno a muoversi a piedi, durante le ore del buio.
Atene risponde così senza indugi alle provocazioni aggressive del presidente turco. Ma Erdogan pare inflessibile. «Non possiamo restare soli a fronteggiare la crisi in Siria e subire passivi l’arrivo di nuovi migranti. Presto saranno a milioni quelli che andranno in Europa. Ora anche voi dovrete pagare il prezzo, almeno
Gli agenti greci
I nostri droni hanno scoperto i profughi prima che entrassero in acqua. I militari turchi li aiutano, danno le loro tenaglie per tagliare i fili
come noi», è tornato a tuonare ieri mattina. La sua politica è chiara: pretende che l’unione Europea stia al suo fianco per bloccare l’offensiva militare del regime di Damasco, appoggiato da Teheran ma soprattutto dalla Russia di Vladimir Putin, contro le milizie ribelli asserragliate nella regione di Idlib. Un conflitto che al momento spinge circa un milione di nuovi profughi siriani verso i confini turchi. Erdogan è pronto a violare i patti firmati con la Ue nel 2016, quando accettò 6 miliardi di euro in cambio dell’accoglienza dei migranti in Turchia. La risposta europea resta però tentennante. Angela Merkel insiste perché Erdogan rispetti gli accordi. Mentre la presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, si mostra più accomodante, afferma di comprendere le preoccupazioni turche per la guerra in Siria e la politica aggressiva di Bashar Assad, anche se poi chiede di mantenere i patti. Uno spiraglio potrebbe venire dall’incontro Erdogan-putin a Mosca il 5 marzo. Ma in quel caso l’europa sarebbe ancora una volta marginalizzata.