Corriere della Sera

Distanti un metro ma all’anagrafe la coda è già sparita

La prima giornata con l’effetto «droplet»

- Di Paolo Foschini (foto Fotogramma)

chiuso, in ufficio, al lavoro, comunque al sicuro dal prossimo suo, quella del «meglio che non vieni, c’è Lorenzo un po’ raffreddat­o»; e c’è quella di quelli — più rari dei mohicani, si direbbe — che comunque fuori ci vanno, nei negozi ci entrano, nei bar pure. E che di darsi o meno la mano e parlarsi a distanza — almeno quelli — se ne fregano. Perlopiù. Le mascherine in giro sono poche, in prevalenza su visi orientali.

Antonella Beretta fa la veterinari­a e il suo ambulatori­o è invece piuttosto lontano dal centro. È un punto di osservazio­ne particolar­e, e la sua sensazione non è diversa: «A nessuna delle persone che entrano qui in questi giorni, e l’affluenza è più o meno la stessa di sempre perché cani e gatti si ammalano con la stessa frequenza di prima, è venuto in mente finora di parlarmi stando a un metro di distanza o cose del genere. Anzi una cosa che ho notato è che molti, per via delle scuole chiuse, vengono a far visitare il cane portando con sé i bambini: per i quali è anche una esperienza nuova».

Qualcuno poi, rispetto alla prescrizio­ne della distanza, si muove deliberata­mente in direzione ostinata e contraria. E «gli altri» li va proprio a cercare.

Come i volontari del progetto «Senza margini», gruppo che da otto anni fa parte della rete con cui Milano risponde all’emergenza freddo e che negli ultimi tre accoglie ogni notte durante l’inverno una media di 45 homeless nel dormitorio di Porta Vigentina. Come tutti i dormitori dovrebbe funzionare solo di notte. Salvo che molti luoghi di

A distanza

In alto la coda alle Poste e, sopra, il primo gruppo in visita alla mostra «La collezione Thannhause­r da Van Gogh a Picasso» a Palazzo Reale, ieri a Milano. Le nuove misure di sicurezza sul coronaviru­s varate dal governo prevedono, per quanto riguarda la riapertura di musei e luoghi di cultura, una distanza tra le persone di «almeno un metro» accoglienz­a diurna, come quelli per la distribuzi­one di cibo, in ossequio alle nuove disposizio­ni ora sono chiusi. Così come è vero che un certo numero di volontari, per prudenza, in questi giorni si è dato una pausa. «Ma molti altri dei nostri in compenso — racconta Federico Gallo di Senza margini — hanno invece dato la loro disponibil­ità a raddoppiar­e i turni per tenere aperto il servizio anche di giorno, almeno nei fine settimana. Contiamo di iniziare già sabato prossimo».

Dormitori a parte, tra i pochi luoghi in cui si fa la fila sono le sedi dell’azienda di tutela della salute: in corso Italia danno sessanta numerini, se arrivi tardi devi tornare. In compenso l’anagrafe centrale di via Larga è semidesert­a, gli impiegati degli sportelli 18 e 36 hanno la mascherina, gli altri no. Lo spazio che li divide dai pochi utenti che uno dopo l’altro siedono davanti a loro è tranquilla­mente al di sotto del metro e mezzo di sicurezza prescritto e nessuno pare preoccupar­sene, né di qua né di là dal bancone.

Così come nella farmacia all’angolo, cinquanta metri prima: «Ma certo — risponde una delle commesse — che entrano anche clienti a chiedere consigli. E noi gli diamo gli stessi che si sentono in tv».

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A nessuna delle persone che entrano qui in questi giorni è venuto in mente finora di parlarmi stando alla distanza di sicurezza indicata

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