Il Movimento bloccato dai veti Di Battista torna e preoccupa i big
MILANO Nemmeno 1.500 voti (1.422 per l’esattezza), 1.422 motivi per chiedere un’accelerazione nel rinnovamento del Movimento e, soprattutto, nella definizione dei nuovi vertici. Il risultato delle suppletive per il seggio uninominale a Roma ha messo a nudo (ancora) la fragilità del Movimento. La candidata M5S Rossella Rendina si è fermata al 4,36%, quando il M5S solo due anni era al 16,79% e oltrepassava le 19 mila preferenze. Ora, appunto, il computo dei voti ha dato come esito 1.422. Il risultato è stato come gettare benzina sul fuoco. Già, perché il clima nel M5S è rovente. I parlamentari non ne vogliono sapere di rimandare all’estate gli Stati generali e la scelta del leader. Premono per convincere Vito Crimi a rinunciare alla sua proposta e negli ultimi giorni si è verificata una accelerazione per definire quanto prima la leadership (c’è chi parla di aprile, ma vista l’emergenza le date sono un azzardo). In prima fila c’è Luigi Di Maio. L’ex capo politico sta cercando di mediare tra i big del Movimento, per arrivare a una proposta condivisa da parte di tutte le anime, una soluzione da sottoporre poi — solo in un secondo momento — a una ratifica online. Ma la soluzione (appunto) al momento non c’è. Anzi, ognuno cerca ti tirare acqua al proprio mulino.
Gli ortodossi premono per avere una collocazione permanente nell’area progressista, i governisti rivendicano il ruolo e i sacrifici fatti, l’ala del Nord preme per avere più voce in capitolo. Tutti, però, guardano con attenzione (e preoccupazione) al ritorno di Alessandro Di Battista, che continua a lavorare in team su temi come lo smart working e l’abolizione del pareggio di bilancio. Secondo i rumors, in squadra con lui potrebbero approdare due ex ministri M5S e un big siciliano all’europarlamento. Nel mirino di una fetta dei parlamentari (che sposerebbero l’idea di Di Maio di un votoratifica) ci sarebbe anche Rousseau. Le ultime votazioni — stando ad alcuni M5S — avrebbero dimostrato una netta predominanza dei consensi provenienti dal Sud che, secondo questa interpretazione, falserebbe la competizione. Davide Casaleggio, invece, spinge per una votazione con più candidati come era stato anche nel 2018 per l’elezione di Di Maio. C’è chi invoca Beppe Grillo, ma per alcuni neppure il garante è più un totem.
Gli Stati generali
Tra i parlamentari cresce la richiesta di anticipare la data dell’assemblea che dovrà decidere il nuovo leader