Buste esplosive recapitate a Roma Ferite tre donne, caccia al mittente
I plichi spediti a due impiegate e a una pensionata. Indaga anche l’antiterrorismo
La prima esplosione non ha destato grandi preoccupazioni, se non per la donna che ne ha subito le conseguenze, sia pure lievi: una dipendente del Centro postale di Fiumicino, che domenica a tarda sera è rimasta vittima della fiammata provocata da una busta formato A4, contenente riviste, polvere pirica e un’innesco nascosto. Destinatario del plico era un’altra donna, ex impiegata amministrativa dell’università di Tor Vergata, senza incarichi di rilievo né esposizioni politiche che potessero collegare l’episodio a un’azione come quelle che in passato hanno incendiato le campagne della propaganda anarchico-insurrezionalista. Ma quando ieri pomeriggio due buste simili hanno preso fuoco nelle case di altrettante donne a cui erano indirizzate, in due quartieri diversi e senza apparenti relazioni tra loro, insieme ai plichi è esploso il mistero dei pacchi bomba spediti a Roma. Per adesso senza responsabili e senza movente.
Le prime indagini di polizia e carabinieri hanno permesso di stabilire solo che, molto probabilmente, dietro la spedizione c’è una sola regia. Perché le modalità di confezionamento degli ordigni sembrano le stesse. Sul primo, quello scoppiato all’ufficio postale e indirizzato all’abitazione privata dell’ex impiegata di Tor Vergata, era indicato come mittente proprio il secondo ateneo romano; dunque un’ente ben conosciuto alla donna, che avrebbe aperto la busta senza timori. Al pari della signora che abita nel quartiere Talenti, che ieri pomeriggio ha aperto ed è rimasta vittima della seconda busta esplosiva: anche in questo caso il mittente è un nome conosciuto dalla donna (quasi certamente ignaro). E anche per lei, fortunatamente, i danni sono stati limitati, curati sul posto, senza necessità di ricovero.
Su entrambe le buste, destinatario e mittente erano scritti a macchina su singole etichette incollate negli stessi posti: mittente in alto a sinistra, destinatario sulla destra, sotto i francobolli: dettaglio che fa immaginare un unico spedizioniere. Pure la seconda vittima, dipendente dell’inail, non ha un profilo che possa accostarla a un’azione di propaganda politica, e discorso analogo viene fatto per la terza donna coinvolta, residente nel quartiere Monte Mario: un’altra pensionata, al pari del marito, che non temeva nulla quando s’è vista scoppiare la busta tra le mani. Con conseguenze, ancora una volta, non gravi.
Per provare a sciogliere l’enigma polizia e carabinieri hanno subito avviato gli interrogatori delle donne colpite, che hanno tutte escluso di sentirsi potenziali obiettivi di qualche vendetta o azione violenta. Né i primi accertamenti sono serviti a individuare un filo che leghi le vittime prescelte. Ma è presto, ci sono molti particolari da approfondire e bisogna capire se l’azione del dinamitardo misterioso sia conclusa o contempli altre vittime che ancora non hanno aperto altre buste esplosive in circolazione. Ulteriori risposte devono arrivare dalle perizie tecniche per stabilire il tipo di polvere utilizzata, l’innesco (per verificare eventuali identità), impronte e ogni traccia utile per risalire al responsabile.
Naturalmente i tre episodi sono anche all’attenzione dell’antiterrorismo; per la polizia sono intervenuti gli investigatori della Digos, e il caso viene seguito dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione. Stesso discorso per i carabinieri che si sono occupati dei pacchi bomba inviati dagli anarchici negli anni scorsi: tutti, però, indirizzati a obiettivi ben collocabili all’interno di una propaganda politica, che in questo caso si fa fatica a individuare.