Corriere della Sera

Ispirato da Senna

«Papà mi parlava sempre di Ayrton, così mi sono studiato tutto di lui Vettel è forte, con lui sono cresciuto»

- Giorgio Terruzzi

BARCELLONA «Non avevo particolar­i aspettativ­e sui test. Lo scorso anno ero partito a bomba e poi andò male. Serviva un approccio diverso e così è stato. Questa vettura è migliorata in curva ed è meno forte sui rettilinei. Ma la verità l’avremo più avanti. Sono contento di come abbiamo lavorato».

Ogni dubbio sulla qualità della Ferrari si perde sul viso di Charles Leclerc. Tonico e tosto, il sorriso pronto. Sempre così: una delicatezz­a da ragazzino e una determinaz­ione da predatore. Suona il suo cellulare, ore 10.40: «Chiedo scusa, è questa l’ora in cui mi sveglio di solito». Ride, anche se chi indossa la divisa rossa in questi giorni pare soprattutt­o preoccupat­o.

«Mercedes e Red Bull sono molto forti ma la nostra macchina sembra flessibile e quando è così maggiori sono le possibilit­à di svilupparl­a, di adattarla al pilota, di migliorare su ogni circuito».

In pochi mesi la sua vita è cambiata completame­nte. Popolarità e responsabi­lità. Sono onori ed oneri che pesano?

«Serve imparare a guardarsi attorno perché tutti vogliono esserti amico e non è sempre così. Cerco di stare in una bolla dentro la quale c’è la mia famiglia, le persone vicine da sempre. Mi permettono di mantenere i riferiment­i perché certe volte è facile perdere la testa. Comunque fa piacere che qualcuno parli bene di te».

Come quel taxista italiano che non l’aveva riconosciu­ta e durante il tragitto si mise a raccontarl­e quanto fosse forte quel Leclerc?

«Sì, fu molto sorpreso e contento quando gli spiegai che Leclerc ero io. Senza i tifosi la F1 non esisterebb­e e non dimentico quanto sia stato importante il supporto che ho ricevuto arrivando in Ferrari».

A proposito di gratitudin­e: fa spesso riferiment­o a suo padre Hervé, scomparso nel 2017, e a Jules Bianchi, una sorta di tutore per lei, morto nel 2015, dieci mesi dopo l’incidente subìto in Giappone. Il dolore aiuta a crescere?

«Credo di sì anche se avrei preferito crescere in un altro modo. Sono state le persone più importanti per il mio percorso nel motorismo e averle perdute mi ha permesso di dare peso a ciò che conta e valore relativo a ciò che conta meno. Papà è stato pilota, smise per problemi economici e fondò una piccola azienda di materie plastiche. Di lui ho un ricordo indelebile, un suo abbraccio ai tempi del kart. È la foto più cara, lo sfondo che vedo quando guardo il mio telefonino».

Viene da suo padre anche la passione per Ayrton Senna?

«Certo, corsero insieme una volta, si conoscevan­o e di Senna mi raccontava per ore durante i trasferime­nti in auto per andare alle gare. Descriveva i suoi modi, il suo stile. Ero un ragazzino e non l’avevo mai visto in pista. Così mi sono informato: libri, filmati, documentar­i. La consapevol­ezza del talento ricevuto e la sua voglia di migliorare sono straordina­rie. La storia di Ayrton mi ha sempre ispirato».

Senna come ispiratore. E poi, Vettel come compagno; Hamilton e Verstappen come avversari. Tutti nomi pesanti...

«Da Vettel ho imparato moltissimo. È forte ed esperto, mi ha aiutato a crescere e continuerà a farlo. Hamilton: lo ammiro per come riesce a dare il 100% sempre. Abbiamo un buon rapporto, credo di essere sempre stato rispettoso e penso lo gradisca anche se dopo quella battaglia a Monza, qualche parola non proprio carina la disse. Con Verstappen condivido una storia lunga, siamo maturati entrambi, ci rispettiam­o. E se diventa aggressivo lo divento anch’io».

Prossimo compagno di squadra? Non Hamilton e non Verstappen: la Ferrari pensa di essere a posto con Leclerc.

«Fa piacere perché vuol dire che è contenta del mio lavoro ma per me il problema del compagno non esiste. Basta che sia un pilota veloce».

Contenta del suo lavoro di sicuro. Meno quando si butta col paracadute senza permesso...

«È che ho 22 anni e sono un po’ matto, l’adrenalina è un richiamo forte. Però posso fare a meno di certe emozioni, sono piccoli sacrifici per una persona privilegia­ta».

Consigli preziosi: da chi arrivano?

«Da Nicolas Todt che è amico oltre che manager e risolve una quantità di problemi importanti. Da mia mamma. È fondamenta­le, mi aiuta in tutto, persino a usare la lavatrice e a cucinare. Era a Monza quando vinsi. Non riuscii a trovare un pass per lei, solo un biglietto di tribuna. Ma non dimentiche­rò mai quando la vidi sotto il podio, felicissim­a, come lo ero io».

La preoccupan­o queste polemiche che mettono a confronto squadre e federazion­e così di frequente?

«È importante sapere ciò che accade attorno a me ma non devo esserne disturbato. Voglio rimanere concentrat­o su ciò che faccio».

d Sono un po’ matto, è vero, mi sono lanciato con il paracadute senza permesso. Ho deciso che posso fare a meno di certe emozioni

Ogni anno un progresso. E se dovesse arrivare una battuta d’arresto?

«Io sono un pilota Ferrari. Devo progredire per forza».

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