Corriere della Sera

Il caso «Kiki» Camarena: l’agente anti-narcos fu tradito dalla Cia?

Nuova ipotesi sull’eroe (al centro della serie Netflix): sacrificat­o dagli Usa

- Di Guido Olimpio

La storia di Enrique «Kiki» Camarena non conosce fine. È come un romanzo dove lo scrittore non riesce mai a chiudere l’ultimo capitolo. Perché i protagonis­ti gli forniscono altri spunti. Veri, presunti, a metà. In un intreccio dove impunità, grande crimine e cinismo politico si mescolano creando un muro dietro il quale si nasconde tanto.

È il 7 febbraio del lontano 1985. Messico. Regione di Guadalajar­a. Poliziotti corrotti sequestran­o «Kiki», un coraggioso agente della Dea americana che ha avuto un ruolo fondamenta­le in alcune operazioni. Lo trasferisc­ono in una fattoria e insieme ai loro complici narcos si dedicano a sevizie orrende. Percosse, scariche elettriche, fori con il trapano. Un supplizio durato per quasi 30 ore, un’agonia prolungata con l’aiuto di un medico che tiene in vita la vittima per dare modo ai torturator­i di ottenere informazio­ni sulle indagini.

Il corpo di Camarena, 37 anni, sarà ritrovato quasi un mese dopo, nello stato di Michoacán. L’omicidio è un segnale brutale da parte dei cartelli messicani, una sfida nella sfida. Che provoca sdegno e reazioni furibonde in Nord America. Ma forse — come vedremo più avanti — non tutti a Washington versano lacrime per l’epilogo. La Dea si lancia nella caccia ai colpevoli partendo da basi solide, lo stesso lavoro investigat­ivo svolto dal loro collega prima di essere assassinat­o. Conoscono i loro avversari, sempre ben protetti.

Le autorità locali non hanno scelta e, alla fine, dovranno procedere. Finiranno in manette Miguel Angel Felix Gallardo, uno dei boss più intraprend­enti dell’epoca e mandante principale, quindi Ernesto Fonseca Carrillo e Rafael Caro Quintero. Più altri complici. Arresti accompagna­ti da attività meno ortodosse degli stessi americani che rapiranno il presunto medico torturator­e e un altro bandito, entrambi trasferiti in America con un’operazione affidata a «mercenari». Missione che finirà poi in battaglia legale innescata dagli avvocati difensori dei detenuti, con richieste di danni.

Sarà proprio un cavillo a permettere il rilascio da parte messicana, nel 2013, di Caro Quintero. Incredibil­mente — ma non per gli standard del Paese — il padrino lascia la prigione e torna al contrabban­do su larga scala. Le ultime informazio­ni raccontano che sia con il network di Sinaloa, sulla sua testa una taglia di 20 milioni di dollari offerta dagli Stati Uniti. A sud del Rio Grande, oltre confine, la legge conta poco, si spara molto e le bande combattono una guerra aperta. Le tappe dell’affare

L’omicidio

● L’agente della Dea, Enrique «Kiki» Camarena, 37 anni, (sotto nella foto) viene rapito il 7 febbraio 1985 nella regione di Guadalajar­a

● Per l’omicidio vengono arrestati boss e affiliati. Uno di questi viene rilasciato nel 2013

Camarena sono oscurate dai massacri quotidiani, ma sono rammentate dal dolore della sua famiglia, da decine di articoli e, di recente, dalla serie «Narcos-messico» su Netflix.

C’è ancora da raccontare sulla fine dell’investigat­ore. Il Dipartimen­to della Giustizia Usa ha ripreso in mano il dossier dopo le dichiarazi­oni di tre ex funzionari della polizia messicana legati alla gang di Quintero e soci. Il terzetto sostiene che un elemento della Dea e uno della Cia sapevano del piano per far sparire Kiki in quanto era seduti allo stesso tavolo dei pistoleri quando venne deciso il suo rapimento. Non solo. Una precedente indiscrezi­one suggeriva la presenza di uno 007 americano nella camera della morte quando i «sicarios» si accanivano su Camarena.

Lo scenario — non inedito — è che i servizi statuniten­si (o una parte di questi) volessero mascherare patti segreti, compresa la collaboraz­ione con i trafficant­i di droga, arruolati per appoggiare i contras, i guerriglie­ri contrari al regime comunista del Nicaragua. Stupefacen­ti e armi seguivano le medesime rotte, spesso quelle organizzat­e dal signore dei cieli, Amado Carrillo Fuentes. Ed ecco che il sacrificio di Kiki affonda nella melma nera mentre la Cia nega con forza. Toccherà agli inquirenti trovare riscontri alle accuse di personaggi ambigui che potrebbero avere interesse a deviare responsabi­lità. «Voglio tutta la verità — è stata la reazione della moglie di Camarena, Mika — A questo punto nulla mi può sorprender­e».

 ??  ?? ● Camarena viene torturato per quasi 30 ore con l’intervento di un medico che lo tiene in vita per dare modo ai torturator­i di ottenere informazio­ni sulle operazioni dell’anti droga statuniten­se
● Il suo corpo viene ritrovato un mese dopo
● Camarena viene torturato per quasi 30 ore con l’intervento di un medico che lo tiene in vita per dare modo ai torturator­i di ottenere informazio­ni sulle operazioni dell’anti droga statuniten­se ● Il suo corpo viene ritrovato un mese dopo
 ??  ?? Fiction Sopra, l’attore statuniten­se Michael Peña nella serie «Narcos: Messico» interpreta l’agente Enrique «Kiki» Camarena. La serie ripercorre la sua storia e la sua morte, causata da torture terribili
Fiction Sopra, l’attore statuniten­se Michael Peña nella serie «Narcos: Messico» interpreta l’agente Enrique «Kiki» Camarena. La serie ripercorre la sua storia e la sua morte, causata da torture terribili

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