Bloomberg, debutto e addio più cari di sempre
DALLAS Da aspirante presidente ad aspirante kingmaker. La parabola di Mike Bloomberg — che nella mattinata americana di mercoledì ha sospeso la campagna elettorale e annunciato che sosterrà Biden— si consuma in una notte: ha investito più di mezzo miliardo di dollari nella sua campagna elettorale sperando in un blitz col quale avrebbe dovuto vincere in Stati importanti come la California. Ha vinto solo a Samoa, isolette del Pacifico, mentre in alcuni Stati non è arrivato nemmeno al 15 per cento necessario per partecipare alla spartizione dei delegati che alla convention di luglio incoroneranno lo sfidante di Donald Trump. Più ancora dell’errata valutazione dell’efficacia della sua campagna condotta inondando tv e reti digitali di pubblicità elettorale, Bloomberg paga un altro sbaglio: aver dato prematuramente per morta la candidatura di Joe Biden. Un anno fa l’ex sindaco di New York aveva scelto di non candidarsi dando per scontato che le sue istanze, quelle di un democratico moderato, sarebbero state portate avanti dall’ex vicepresidente, allora frontrunner della sinistra. Ma dopo l’estate, davanti al crollo di Biden nei sondaggi, Bloomberg aveva deciso di uscire allo scoperto proponendo sé stesso, al posto del vecchio braccio destro di Obama, come alternativa a Sanders. La sua tardiva campagna che, pure, era partita bene, ha subito, però, un primo stop con il dibattito televisivo in Nevada: gli attacchi durissimi e concentrici degli altri candidati lo hanno trovato impreparato, incapace di reagire in modo convincente. Il secondo colpo, quello decisivo, è arrivato alla vigilia del Super Martedì, con l’improvvisa resurrezione di Biden. Gli altri candidati scesi dalla giostra dalle primarie si sono riaccasati, ma alla tenda superaccessoriata di Bloomberg hanno preferito quella di Biden.