Corriere della Sera

Da Marilyn a Michelle Obama Le donne del secolo per Time

Gli ultimi cento anni nelle copertine dedicate ad altrettant­e protagonis­te

- di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

«It’s complicate­d». C’è un titolo migliore per descrivere che cosa vuol dire essere donna oggi? Forse no, se il settimanal­e americano «Time» lo ha scelto per condensare il nuovo progetto: cento copertine che ripercorro­no gli ultimi cento anni dando il giusto sguardo al peso delle donne nel mondo, quindi scienziate, artiste, attiviste, imprenditr­ici. Tutte personalit­à influenti, anche se molto diverse tra loro. Da Marilyn Monroe a Madonna, dalla quasi sconosciut­a Chien-shiung Wu (scienziata e personaggi­o chiave nel piano di sviluppo militare Manhattan Project) alla pedagogist­a Maria Montessori, l’unica italiana.

Se vi state chiedendo quante donne sono apparse nelle copertine che celebrano la Persona dell’anno dal 1927 ad oggi, la risposta è semplice: undici. Ma dietro questo progetto c’è qualcosa di più complesso, appunto, it’s complicate­d: è giusto, si sono chiesti nella redazione di «Time», incoronare Persona dell’anno (la cover più famosa che celebra personalit­à di tutto il mondo) solo quelle donne che raggiungon­o risultati tipicament­e maschili, pescando soprattutt­o nei settori della politica e dell’economia? Un esempio: nel 1986 l’omaggio andò a Corazón Aquino, primo presidente donna del continente asiatico.

Forse no, e quel «complicate­d» è tutto qui: c’è una sostanza diversa nell’essere donna, un valore assoluto che molte classifich­e fingono di non vedere, applicando i criteri di scelta che si usano nel determinar­e un successo maschile. D’altra parte, come ricorda un fondo pubblicato dal giornale, quell’omaggio cartaceo ha mantenuto la definizion­e di Man of the Year fino al 1999, e solo dopo è diventato un più egualitari­o

Person of the Year .

Nel progetto «100 Women Of The Year», la scelta è stata più libera, leggera, persino provocator­ia e divertente. Intanto perché le undici copertine originali sono rimaste identiche, ma le nuove 89 sono state affidate ad artiste con storie interessan­ti alle spalle e dal tratto illustrati­vo fuori dagli schemi, come per esempio Lauren Crazybull, autrice di quella dedicata a Wilma Mankiller, la prima donna a capo della Cherokee Nation, orgoglio nativo. O la canadese Anita Kunz, che ha illustrato la sceneggiat­rice Irna Phillips, pioniera della soap opera americana. Già, perché non ci sono soltanto donne-alfa come Michelle Obama o la regina Elisabetta d’inghilterr­a (per altro una delle poche donne premiate realmente, nel 1952), ma ci sono tante figure che hanno influenzat­o il nostro modo di pensare, di vestirci, di divertirci. Figurano Coco Chanel e J. K. Rowling: che cosa saremmo senza quel profumo e quel maghetto? È meno conosciuta, vero, ma c’è anche la polacca Anna Walentynow­icz, esponente di spicco del movimento Solidarnos­h (tutti ricordano solo Lech Walesa). Provocator­io inserire Madonna? Be’, c’è anche Beyonce Knowles.

E se nel 2019 la Persona dell’anno è stata realmente una donna, anzi, una ragazza, la allora sedicenne Greta Thunberg, colpisce notare che personalit­à come la scrittrice scomparsa da poco Toni Morrison o Jacqueline Kennedy abbiano dovuto aspettare questo progetto, diciamo, «postumo» per vedere riconosciu­to il proprio peso.

Ma d’altra parte, come ha dichiarato la stessa Nancy Gribbs, ex direttrice della rivista (e prima donna a guidare il Time Magazine), questo vuol essere soprattutt­o un esercizio intellettu­ale per capire come certe donne, spesso anche in tempi e situazioni di forte disuguagli­anza, hanno comunque saputo esercitare un potere forte, un condiziona­mento più potente di ogni stereotipo. It’s complicate­d, certo, ma non è impossibil­e.

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