Il rischio dell’ossessione
Quando tutto sarà passato, chissà cosa ricorderemo dei giorni del coronavirus. L’ansia o le precauzioni? Le giornate cambiate, le nuove abitudini? La consapevolezza che molti impegni con cui riempivamo freneticamente le giornate non erano indispensabili? Non lo so. Ma di una cosa sono certo: stiamo riscoprendo amici e conoscenti. Alcune scoperte sono entusiasmanti; altre, consolanti; altre ancora, preoccupanti.
Le grandi prove mostrano lo spessore e il carattere delle persone: non c’è possibilità di fingere. Suggerisco una bella lettura per questi giorni non belli: La linea d’ombra di Joseph Conrad. È una confessione, come recita il titolo originale («The Shadow Line – a Confession»). Il giovane protagonista assume per la prima volta il comando di una nave, e si trova fermo in un mare immobile, l’equipaggio stremato dalle febbri e dalla paura. Ma lui tiene duro, porta a termine il viaggio, e capisce d’essere diventato adulto.
Noi non siamo a bordo della Orient, in rotta tra Bangkok e Singapore. Ma la prova cui ci sta sottoponendo il coronavirus — qui in Lombardia, soprattutto — è impegnativa. Capiremo meglio chi siamo. E chi sono le persone intorno a noi. Gli strumenti ci sono: la televisione, la rete, i social. Quello che stiamo imparando su personaggi pubblici che pensavamo di conoscere — politici, amministratori, commentatori — è spesso sorprendente. Vale anche per le nostre relazioni professionali e personali.
Ci sono profili Facebook e gruppi Whatsapp che sembrano essersi dati una missione: spaventare e spaventarsi. È sbagliato: sfogare le proprie paure non è il modo migliore di vincerle. Non è terapeutico, non è utile. Conservare la calma quando, intorno a noi, molti sembrano averla perduta: questo aiuta, invece. Per riuscirci — posso permettermi un consiglio? — è bene non diventare ossessivi, neppure nella ricerca di aggiornamenti e notizie. Rivolgiamoci a fonti che offrano informazioni affidabili, analisi competenti, commenti utili. Rispettiamo le regole per evitare il contagio, collaboriamo con le autorità, sosteniamo i nostri medici, infermieri e personale sanitario. Ma facciamo in modo che il coronavirus non monopolizzi la nostra mente. Se ogni tanto pensiamo ad altro, va bene così.