La «guerra fredda», il petrolio e i (veri) interessi dell’europa
Negli scorsi giorni l’opec (l’organizzazione che rappresenta i maggiori Paesi esportatori di petrolio) ha deciso che avrebbe ridotto di 1,5 milioni di barili la produzione quotidiana. È una misura a cui si ricorre generalmente quando si vuole provocare l’aumento del prezzo del petrolio sui mercati internazionali. La Russia non fa parte dell’opec, ma è troppo importante per essere ignorata e in altre circostanze ha concorso alla decisione adottando una stessa linea. In questo caso, invece, ha rifiutato di sottoscrivere la decisione dell’opec e ha costretto i suoi membri a soprassedere, provocando nei giorni seguenti l’effetto opposto: una caduta del prezzo che ha toccato in alcuni casi il 9%.
A un primo sguardo la decisione russa è sorprendente. In un momento in cui il Paese di Vladimir Putin ha bisogni di grandi opere pubbliche, la Russia non dovrebbe essere insensibile alla proposta saudita. Ma secondo alcuni osservatori, fra cui il Financial Times, la strategia petrolifera della Russia avrebbe una motivazione politica. Se il prezzo del petrolio aumentasse, i primi a ricavarne i maggiori benefici sarebbero gli Stati Uniti, vale dire il Paese che, dopo la scoperta delle rocce di scisto (shale rocks), ha notevoli risorse petrolifere e vuole conquistare i mercati europei. Sarebbe una aspirazione commercialmente legittima se il presidente degli Stati Uniti non cercasse di usare il peso politico del suo Paese per impedire ai maggiori Stati europei, e in particolare alla Germania, di usare il nuovo fiume di petrolio che arriverà in Europa dalla Russia attraverso il Baltico dopo l’entrata in funzione di un nuovo gasdotto. Il
La questione
Gli Usa vogliono impedire che gli Stati europei si riforniscano di greggio in arrivo dalla Russia
primo Nord Stream fu inaugurato l’8 novembre 2011 alla presenza della cancelliera Merkel, del presidente russo Medvedev e del primo ministro francese Fillon. I lavori per il secondo Nord Stream sarebbero già terminati e, dopo la decisione della Danimarca di permettere l’attraversamento della sua zona economica esclusiva, potrebbe entrare in funzione entro tempi relativamente brevi. Come in altre occasioni, questo pasticcio petrolifero è una partita a scacchi in cui le mosse dei giocatori obbediscono a calcoli spesso difficilmente interpretabili. Ma sul piano politico sta accadendo quello che è accaduto quando il presidente americano ha cercato di impedire che una nuova rete digitale di quinta generazione straordinariamente veloce (la 5G) aprisse i mercati europei a una larga gamma di strumenti prodotti da una grande azienda cinese (Huawei).
In questo caso gli Stati Uniti hanno sostenuto che Huawei sarebbe la longa manus dell’intelligence cinese. Nella vicenda petrolifera sosterrebbero probabilmente che la Russia è il «nemico di domani». Accanto alla guerra petrolifera fra Russia e Arabia Saudita, è scoppiata una nuova guerra fredda in cui l’unione europea non dovrebbe avere alcun interesse a schierarsi con l’alleato di ieri. Se gli Stati Uniti di Trump hanno una concezione onnipotente dei mercati internazionali, gli alleati dell’europa devono essere quelli che ne rispettano le regole.