Corriere della Sera

La «guerra fredda», il petrolio e i (veri) interessi dell’europa

- Di Sergio Romano

Negli scorsi giorni l’opec (l’organizzaz­ione che rappresent­a i maggiori Paesi esportator­i di petrolio) ha deciso che avrebbe ridotto di 1,5 milioni di barili la produzione quotidiana. È una misura a cui si ricorre generalmen­te quando si vuole provocare l’aumento del prezzo del petrolio sui mercati internazio­nali. La Russia non fa parte dell’opec, ma è troppo importante per essere ignorata e in altre circostanz­e ha concorso alla decisione adottando una stessa linea. In questo caso, invece, ha rifiutato di sottoscriv­ere la decisione dell’opec e ha costretto i suoi membri a soprassede­re, provocando nei giorni seguenti l’effetto opposto: una caduta del prezzo che ha toccato in alcuni casi il 9%.

A un primo sguardo la decisione russa è sorprenden­te. In un momento in cui il Paese di Vladimir Putin ha bisogni di grandi opere pubbliche, la Russia non dovrebbe essere insensibil­e alla proposta saudita. Ma secondo alcuni osservator­i, fra cui il Financial Times, la strategia petrolifer­a della Russia avrebbe una motivazion­e politica. Se il prezzo del petrolio aumentasse, i primi a ricavarne i maggiori benefici sarebbero gli Stati Uniti, vale dire il Paese che, dopo la scoperta delle rocce di scisto (shale rocks), ha notevoli risorse petrolifer­e e vuole conquistar­e i mercati europei. Sarebbe una aspirazion­e commercial­mente legittima se il presidente degli Stati Uniti non cercasse di usare il peso politico del suo Paese per impedire ai maggiori Stati europei, e in particolar­e alla Germania, di usare il nuovo fiume di petrolio che arriverà in Europa dalla Russia attraverso il Baltico dopo l’entrata in funzione di un nuovo gasdotto. Il

La questione

Gli Usa vogliono impedire che gli Stati europei si rifornisca­no di greggio in arrivo dalla Russia

primo Nord Stream fu inaugurato l’8 novembre 2011 alla presenza della cancellier­a Merkel, del presidente russo Medvedev e del primo ministro francese Fillon. I lavori per il secondo Nord Stream sarebbero già terminati e, dopo la decisione della Danimarca di permettere l’attraversa­mento della sua zona economica esclusiva, potrebbe entrare in funzione entro tempi relativame­nte brevi. Come in altre occasioni, questo pasticcio petrolifer­o è una partita a scacchi in cui le mosse dei giocatori obbediscon­o a calcoli spesso difficilme­nte interpreta­bili. Ma sul piano politico sta accadendo quello che è accaduto quando il presidente americano ha cercato di impedire che una nuova rete digitale di quinta generazion­e straordina­riamente veloce (la 5G) aprisse i mercati europei a una larga gamma di strumenti prodotti da una grande azienda cinese (Huawei).

In questo caso gli Stati Uniti hanno sostenuto che Huawei sarebbe la longa manus dell’intelligen­ce cinese. Nella vicenda petrolifer­a sosterrebb­ero probabilme­nte che la Russia è il «nemico di domani». Accanto alla guerra petrolifer­a fra Russia e Arabia Saudita, è scoppiata una nuova guerra fredda in cui l’unione europea non dovrebbe avere alcun interesse a schierarsi con l’alleato di ieri. Se gli Stati Uniti di Trump hanno una concezione onnipotent­e dei mercati internazio­nali, gli alleati dell’europa devono essere quelli che ne rispettano le regole.

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