Corriere della Sera

LA STRADA PER USCIRE DALLA CRISI

- Di Giulio Tremonti

Caro direttore, per tre lunghi secoli è stato «Liberté, Egalité, Fraternité» ma poi all’improvviso, negli ultimi tre decenni, è stato «Globalité, Marché, Monnaie». Globalità, mercato, moneta: questa la nuova, magica triade che ha marcato l’ultimo, il dorato trentennio della globalizza­zione. Mai nella storia un cambio così intenso è stato in un tempo così breve e così irresponsa­bile, opera prevalente degli «Illuminati» — credo di averne conosciuta la più gran parte — tutti impegnati a costruire un mondo nuovo sviluppato fuori dai confini nazionali, sulla rete universale. Qualcosa di simile ad una delle antiche utopie e non per caso utopia letteralme­nte vuol dire non-luogo e così proprio la quinta essenza della globalizza­zione.

Il meccano globale si è rotto per la prima volta nel 2008, con la «crisi». Crisi al principio solo finanziari­a, ma poi economica e sociale, infine oggi quasi dappertutt­o politica. Superata la fase più acuta, nel corso del 2009 e all’interno del G20, si confrontar­ono due visioni politiche: quella del «Global Legal Standard», quella del «Financial Stability Board». La prima, ispirata dal governo italiano, era questa: la crisi non è terminata, è destinata a proseguire in altre forme, in altre fasi. L’immagine utilizzata era quella del videogame: arriva un mostro, lo batti, ti rilassi, arriva un altro mostro più grande del primo. Dato che oggigiorno Churchill va di moda, ricordo la citazione: abbiamo davanti «non due guerre mondiali, ma una sola, intervalla­ta da un lungo armistizio». Per questo devono essere scritte nuove regole. Regole non limitate al campo della finanza, ma estese alla struttura complessiv­a dell’economia globale. Si deve passare dal «Free Trade» al «Fair Trade»: non è sufficient­e che a valle il prezzo di un prodotto sia giusto per l’incrocio tra domanda e offerta («Free Trade»), ma necessario che a monte sia giusto anche il suo processo di produzione.

Il «Global Legal Standard» prese forma nella bozza di un «Trattato internazio­nale multilater­ale» scritto da politici e studiosi italiani e dall’ocse e fu infine votato all’unanimità dall’assemblea dell’ocse. Sia qui consentito ricordare che nel decalogo del «Global Legal Standard» al punto 4 si prevedevan­o regole per evitare: «Rischi prevedibil­i, in particolar­e rischi sociali, etici e ambientali».

Il «Financial Stability Board» era cosa del tutto diversa: la crisi è finanziari­a e dunque servono nuove regole, ma solo per la finanza, e regole non ordinate a ridurne la dimensione o la velocità ma solo a potenziarn­e i freni. Il «Financial Stability Board» occupò la scena nel corso del 2009 ed ebbe infine il sopravvent­o. Fu così che «Creso» (il simbolo del denaro) battè l’imperatore (questo il simbolo della politica). E fu così, per effetto di questa «vittoria», che la macchina della finanza ha potuto proseguire ancora per il successivo decennio la sua «marcia trionfale», con i desideri al posto delle virtù, con i consumi al posto dei risparmi, con i liquidi al posto dei solidi, con i debiti al posto del capitale, con i tassi a zero o sotto zero. Nell’insieme ancora per un decennio un processo circolare per cui la finanza lanciava e alimentava la globalizza­zione e la globalizza­zione senza regole poteva coltivare e infine esportare i suoi frutti avvelenati. Come è oggi

Cause e conseguenz­e Non basterà eliminare gli effetti, lasciando invariati i motivi dell’attuale situazione

purtroppo evidente in uno scenario che oscilla tra la certezza di una pandemia sanitaria e la probabilit­à di una Chernobyl finanziari­a, perché come tutte le cambiali, anche le cambiali diaboliche arrivano infine alla scadenza.

Che fare? Per cominciare, non prestare fede a chi oggi predica per sopravvive­re l’opposto di quello che nei passati anni o decenni predicava o faceva per vivere, allora sinceramen­te convinto, oggi falsamente impostato. In nessun caso Google perdona! Come tutte le crisi anche questa avrà un termine, ma neppure questo sarà sufficient­e se ci limiteremo a eliminarne gli effetti lasciandon­e invariate le cause, se resteremo a valle senza risalire all’origine della cascata dei fenomeni che la crisi l’hanno causata. Non si deve ripetere l’errore fatto dieci anni fa. Il vuoto politico globale che oggi ci circonda può e deve essere colmato solo riprendend­o una discussion­e come quella iniziata al principio del 2009 con la contro-utopia del «Global Legal Standard». Del resto è già evidente e sarà sempre più evidente come i popoli vadano acquistand­o coscienza di un cambio necessario. È arrivato il tempo per intendere il senso profondo di questo detto: «Fermati e aspetta che la tua anima ti raggiunga».

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