Le differenze sono un fatto Ma l’uguaglianza è un diritto
Un saggio di Kevin Mitchell (Aboca) esplora i caratteri che distinguono maschi e femmine
Qual è il modo più efficace di insegnare matematica e filosofia? Da che cosa dipende la nostra reazione a farmaci e punizioni? Perché siamo aggressivi e perché siamo attratti sessualmente dagli uomini o dalle donne? Perché abbiamo una certa opinione sulla violenza e sulla sanità?
Sembrano domande molto diverse, ma per rispondere in modo esaustivo è necessario sapere come funzionano il nostro cervello e il suo programma di sviluppo. Il libro di Kevin Mitchell Buon sangue non mente (Aboca) comincia con due quesiti: come vi descrivereste e come diventiamo ciò che siamo? L’ultima è una domanda vecchia di millenni — forse la prima. Per rispondere oggi abbiamo strumenti più affidabili: la genetica e le neuroscienze.
«La natura umana non è semplicemente un tema filosofico astratto: è qualcosa che può essere studiato scientificamente», scrive Mitchell che è neurogenetista e professore al Trinity College di Dublino.
Il nostro comportamento è molto più innato di quanto ci piace immaginare. È necessario esserne consapevoli prima di avventurarci in consigli e rimedi, eppure spesso si pretende che basti «sentire» e fidarsi del nostro istinto. Gli effetti di questa approssimazione epistemologica e metodologica sono gravi.
Uno dei capitoli più interessanti del libro di Mitchell è quello sulle differenze sessuali. Anche se non è facile distinguere gli effetti biologici da quelli culturali, le basi neuronali della differenziazione sessuale e del nostro comportamento sono ben osservabili in tutti i mammiferi. E non c’è ragione per considerarci una eccezione. «È evolutivamente sensato che le femmine siano molto più esigenti nella scelta del partner rispetto ai maschi, e che i maschi competano tra loro per le opportunità di accoppiamento».
Queste differenze esistono in un mondo fattuale e non hanno intrinsecamente alcun valore. Negarle per paura dell’uso che se ne farà non è una buona decisione. Facciamo un esempio: essere biondi e castani è diverso, può esserci una preferenza estetica o dipendente dal contesto, ma sostenere la superiorità dell’essere biondi è una sciocchezza come razzismo e sessismo. La risposta a simili pregiudizi non è negare le differenze, ma togliere loro peso morale. È sul significato che dobbiamo scontrarci, non sull’esistenza di un fatto, perché altrimenti non siamo più capaci di distinguere nulla come in Blob, il fluido mortale.
La domanda cruciale è quale sia il significato delle differenze strutturali tra uomini e donne, che sono in gran parte innate e sono il risultato di tempi molto lunghi e dell’adattamento. Ciò non significa che la cultura e il contesto, insomma l’ambiente, non abbiano un ruolo importante. Quando parliamo di differenze, stiamo parlando di medie e di gruppi, non della possibilità di fare previsioni certe su un individuo. Quella è magia.
Sappiamo che i maschi sono più violenti delle femmine e che commettono più crimini (e che sono anche la maggior parte delle vittime). Ma questo non ci dice niente sul singolo maschio. Cioè, non possiamo dire «tutti i maschi sono violenti» né derivare dall’essere maschio la certezza dell’essere violento.
È un errore comune e pericoloso. Lo stesso di chi crede agli stereotipi di genere, ma non è raro che qualcuno sia d’accordo nel dire «tutti i maschi sono brutali», ma protesti per «tutte le donne sono materne».
Mitchell sa che chi afferma l’esistenza di differenze biologiche tra maschi e femmine è spesso accusato di neurosessismo. E se è comprensibile, perché alcuni hanno usato queste differenze per giustificare la discriminazione, è sbagliato negarle per eliminare le disparità. «Per contestare le interpretazioni sessiste non è necessario negare l’esistenza di queste differenze. Possono esservi differenze tra i sessi senza che un sesso sia migliore dell’altro».
Le differenze non devono essere usate per negare l’uguaglianza. Non solo è ingiusto ma stiamo confondendo due piani diversi: la biologia e l’uso che ne facciamo. «L’uguaglianza sancita dal diritto (almeno nelle democrazie occidentali) non poggia sull’identità», anche perché ci sono più variazioni all’interno dei sessi che tra i sessi. «L’uguaglianza morale e giuridica è sancita dal diritto».
Punti fermi
I risultati degli studi biologici ed evolutivi non giustificano alcuna discriminazione